Licia Mattioli: “Nove milioni di lavoratori fermi, alcuni rischiano il posto”

Il vicepresidente di Confindustria fa capire che il mondo del lavoro rischia un ridimensionamento importante. “Sono tanti i settori a rischio, ma non sono stati fatti errori”, dichiara Licia Mattioli.

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Licia Mattioli fa il punto sul settore del lavoro nel nostro Paese, in questi giorni di grave emergenza. Il vicepresidente di Confindustria si è soffermata soprattutto sulla necessità di ripartire nel più breve tempo possibile, dopo che il Coronavirus ha indotto il Governo a prendere decisioni importanti e in teoria anche impopolari. Sono tante le persone costrette a rimanere a casa, per via delle restrizioni imposte dal Consiglio dei Ministri per ridurre le possibilità di contagio. E Licia Mattioli ha parlato della necessità di imporre delle linee guida, per far sì che la ripartenza sia possibile e meno lontana nel tempo.

“Ci sono 8,8 milioni di lavoratori a casa – ha dichiarato Licia Mattioli in un’intervista per il Corriere della Sera – , e sono tutti posti di lavoro potenzialmente a rischio, perché non sappiamo quante delle aziende chiuse riapriranno, dunque ogni giorno che passa mettiamo a rischio un certo numero di imprese. Questo è il tema principale che impone di riavviare le attività produttive”. Dunque il timore è quello che monta gente possa perdere il proprio posto di lavoro, a causa delle difficoltà economiche in cui versano le società attualmente chiuse.

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Sono tante le imprese italiane costrette a fermarsi – meteoweek.com

E sono tanti i settori che, secondo Licia Mattioli, potrebbero valutare un ridimensionamento del numero dei propri lavoratori. Anche perchè, in caso di ristrettezze economiche, non è da escludere che possano partire dei licenziamenti. “Partiamo dai fornitori della meccanica, un settore dove la catena del valore all’estero continua a chiedere macchinari, componenti, ricambi e assistenza. Bene, in assenza di certezza sulle consegne delle forniture non si rivolgeranno in Italia ma altrove. E gli ordini persi rischiano di esserlo per sempre. La moda e il tessile sono a rischio: le collezioni estive o le consegni adesso o avrai perso la stagione, lascio immaginare cosa significhi in termini di impatto sui bilanci”.

Il numero due di Confindustria ha anche fatto un paragone che riguarda alcuni settori della produttività nazionale costretti a fermarti. D’altro canto, gli stessi settori hanno proseguito regolarmente la propria attività in altri Paesi. “I nostri distretti della ceramica, un settore fermo mentre le aziende spagnole sono attive e garantiscono gli ordini. Stesso ragionamento vale per chi lavora l’acciaio. In sostanza l’imprenditore si ritrova nelle condizione di non sapere più cosa dire ai clienti e nel timore di perdere le commesse e posti di lavoro”.

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La richiesta di Licia Mattioli al Governo, per una ripartenza delle attività, è una sola: “La certezza delle date. Decidiamo che il termine è il 14 maggio, ecco una volta stabilito questo dobbiamo consentire già da oggi alle aziende di organizzare un piano di riapertura ordinato che garantisca sicurezza e produzione. Anche perché non è pensabile di schiacciare un tasto e riavviare tutto da un giorno all’altro”. Dunque prima si riparte e meglio è, anche perchè se la libera circolazione degli italiani potrebbe essere un fattore di rischio, tenere chiuse le attività produttive potrebbe creare qualcosa di ancora peggiori.

Anche se Licia Mattioli scagiona il Governo per le decisioni prese: “Non credo siano stati fatti particolari errori, del resto anche a livello istituzionale in molti hanno tardato a comprendere che non si trattava semplicemente di un’influenza molto forte. Piuttosto adesdo la barca è una sola, lo testimonia il fatto che ci sono tantissimi lavoratori che vogliono tornare in fabbrica o in ufficio so la gestione dell’emergenza impone al governo di trovare risposte a tre esigenze”. Cosa bisogna fare, allora, per sistemare tutto? “Risolvere il problema sanitario – conclude la Mattioli – , comprendere quanto sia urgente il tema del lavoro e della salvaguardia dell’occupazione, e, terzo, scongiurare uno scollamento nella tenuta del patto sociale”.

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