Boss scarcerati, De Magistris: “Responsabilità di Bonafede evidente”

Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris interviene sulla scarcerazione dei boss mafiosi avvenuta nei giorni scorsi. Sulle responsabilità non ha dubbi: “La responsabilità del ministro Bonafede è evidente”.

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(Foto di Mario Laporta, da Getty Images)

In un post pubblicato su Facebook il sindaco di Napoli De Magistris si esprime a proposito delle vicende riguardanti la scarcerazione di diversi boss mafiosi. Le scarcerazioni attuate in questi giorni sono state giustificate come operazioni necessarie per motivi di carattere sanitario legati all’emergenza coronavirus. Ma moltissimi sono i dubbi a riguardo, e molte le polemiche.

Ad alimentare la discussione sono state anche le ultime dichiarazioni del Pm Nino Di Matteo. Il noto Pm, da sempre in prima linea nella lotta contro la mafia, è stato ospite di Massimo Giletti nella trasmissione di La7 “Non è l’Arena”. Durante la trasmissione ha rivelato: aveva ricevuto un’offerta dal Ministro della Giustizia Bonafede. A Nino Di Matteo era stato proposto, infatti, di guidare il Dap a partire dal 2018. Poi, improvvisamente, il ministro della Giustizia Bonafede fece retromarcia e la nomina fu data a Basentini. Ora Basentini si trova nell’occhio del ciclone a causa di numerose scarcerazioni di boss mafiosi per “motivi sanitari”. Da quel momento le polemiche si sono moltiplicate. Basentini si è dimesso, Bonafede ha negato tutto.

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Oggi interviene anche il sindaco di Napoli De Magistris: “Oggi scrivo un post diverso, ai tempi della pandemia, non me ne vogliate, sulla Giustizia, dea spesso bendata. Ci pensavo domenica notte, dopo che in televisione il magistrato Nino Di Matteo, il Pm della trattativa Stato-Mafia, raccontava agli italiani della sua mancata designazione a capo del dipartimento amministrazione penitenziaria. Se ci fosse stato Nino in quel posto non avremmo assistito alla inaccettabile scarcerazione dal 41 bis di boss del calibro di Pasquale Zagaria. La responsabilità politica del ministro della Giustizia mi appare evidente”. E De Magistris continua: “Ci pensavo stasera tornando a casa dopo aver fatto visita alla famiglia di Lino Apicella, il poliziotto di Napoli barbaramente ucciso nell’adempimento del suo dovere. Ci pensavo rivedendo il video del reportage della Rai degno del servizio pubblico. Mafie e istituzioni. Non si parla più, ai tempi del coronavirus, di indagini eccellenti, come quelle che hanno portato all’arresto, per mafia, dell’avvocato Pittelli, uno dei protagonisti delle attività illecite che portarono, quando ero Pm in Calabria, alla sottrazione delle indagini di cui ero titolare sul sistema criminale e al mio allontanamento da Catanzaro”.

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De Magistris rivendica un punto: la collusione Stato mafia sembra ancora attiva e prepotente, e di certo una figura come Nino Di Matteo non avrebbe permesso di alimentarla, al contrario. Poi De Magistris continua: “Ci pensavo leggendo del sequestro preventivo di somme di denaro nei confronti del magistrato Palamara, indagato per corruzione. Questi, quando furono fermati i pubblici ministeri di Salerno, che indagavano sulle attività criminali ai miei danni e del pool che mi coadiuvava, era presidente dell’associazione nazionale magistrati. Disse che ‘il sistema aveva dimostrato di avere gli anticorpi’. Un sistema criminale, a mio avviso“. Dopo una serie di altri esempi affini, De Magristris tira le somme perentorio: “Elenco ancora più lungo, persone unite e determinate nel fermare uomini perbene che non facevano altro che servire lo Stato. Si sono messi in tanti e di impegno per strappare la toga”. La dinamica, sottolinea De Magistris, sarebbe sempre la stessa: estromettere da posizioni rilevanti tutti coloro che potrebbero danneggiare l’operato delle mafie. E infatti De Magistri conclude:  “Avete raggiunto l’obiettivo ma solo a metà. Hanno fermato la toga, il lavoro, le indagini, i processi. Ma la toga per me è un ideale, rappresenta la giustizia. L’ideale non si può strappare. È materia, ma anche spirito. Gli ideali non si possono uccidere. Esistono, rimangono, vivono, per sempre. La giustizia è più forte dell’ordine costituito che non di rado si fonda su una legalità formale ingiusta. La giustizia non deve essere esercizio di potere, ma potere per la ricerca della verità e per rendere effettiva l’uguaglianza. Senza uguaglianza sostanziale non c’è uguaglianza formale. Senza giustizia il potere è ordine non funzionale all’interesse del popolo, ma se c’è giustizia ci può essere ordine anche senza potere”.

Reazioni in Parlamento: tra chi difende, chi chiede le dimissioni, e chi chiede di riferire in aula

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(Foto di Filippo Monteforte, da Getty Images)

Intanto il ministro Bonafede si difende dalle accuse. E su Facebook afferma: “Domenica sera, nella trasmissione televisiva ‘Non è l’Arena’, si è tentato di far intendere che la mancata nomina, due anni fa, del dottor Nino Di Matteo, quale Capo del Dap fosse dipesa da alcune esternazioni in carcere di mafiosi detenuti che temevano la sua nomina. L’idea trapelata nel vergognoso dibattito di oggi, secondo cui mi sarei lasciato condizionare dalle parole pronunciate in carcere da qualche boss mafioso è un’ipotesi tanto infamante quanto infondata e assurda”. Dopo aver scansato tutte le accuse, difende il suo operato: “Ho sempre agito a viso aperto nella lotta alle mafie che, infatti, nel mio ruolo ho portato avanti con riforme come quella che ho sostenuto in Parlamento sul voto di scambio politico-mafioso”.

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Ma nonostante la protezione di Conte, che afferma di avere “piena fiducia” nella figura di Bonafede, le polemiche dilagano in Parlamento. L’opposizione chiede le dimissioni del Guardiasigilli, mentre esponenti di maggioranza del Pd chiedono a Bonafede di riferire in Parlamento per fare chiarezza. Un intervento in Parlamento chiesto, però, non con tono polemico, ma in risposta alle pericolose accuse mosse dall’opposizione. In una nota congiunta il deputato e responsabile giustizia del Pd, Walter Verini, e il senatore e capogruppo in commissione antimafia Franco Mirabelli affermano:”Le dichiarazioni televisive del magistrato Di Matteo su vicende e ipotesi risalenti a due anni fa hanno prodotto elementi di confusione in un campo nel quale confusione non deve essere ammessa: la lotta alle mafie. Per la stessa ragione appare irresponsabile l’atteggiamento di chi usa un tema come la lotta alle mafie per giustificare l’ennesima richiesta di dimissioni di un Ministro, approfittando di queste dichiarazioni estemporanee. Siamo certi che il ministro al più presto verrà a riferire in commissione e in Parlamento sull’impegno del governo contro le mafie”.

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