Il mea culpa di Massimo Galli: “Paziente 1? Quella notte sbagliai anche io”

Il direttore del Sacco di Milano Massimo Galli ammette le colpe sull’iniziale gestione del coronavirus. “La notte del paziente 1 sbagliai anche io, non credevo fosse possibile. Indagine epidemiologica? La regione non ci supporta, non ci da una mano a portarla avanti”

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Coronavirus e la notte del paziente 1, le rivelazioni di Massimo Galli (GettyImages)

In una interessante intervista rilasciata a Tpi, il direttore del Sacco di Milano Massimo Galli rivela alcuni particolari sulla famosa notte del paziente 1, non risparmiandosi alcune critiche all’indirizzo della Regione Lombardia. Un rapporto se non conflittuale, quantomeno privo di assoluta collaborazione nella fase in cui l’indagine epidemiologica appare come la strada maestra. “La situazione attuale dice che stiamo mandando fuori di casa un’intera popolazione senza mai aver sperimentato se queste regole funzionano. I comportamenti individuali saranno dunque fondamentali, ma basta che qualcuno sia incosciente per far saltare la catena di protezione. Ci sono delle accortezze da portare avanti a trecentosessanta gradi. Ad esempio, ci sono donazioni di privati che ci finanziano per fare ricerca. Poi, il buio”.

Ed è qui che entra in ballo la Regione. “Hanno appena approvato i 4 comuni. È ufficiale. A questo punto, se avremo i soldi per farlo, continueremo con queste ricerche anche in altri comuni. Dico “se” perché deve sapere che i tamponi mi tocca farli fuori dalla regione Lombardia. La Regione non ci supporta assolutamente, è tutto più difficile. Noi comunque abbiamo prodotto una dislocazione in punti diversi rispetto a Milano e tutti più o meno con lo stesso numero di abitanti. Vedremo quanto si è diffuso il virus in zone con lo stesso campione di popolazione”.

“La notte del paziente 1 colse alla sprovvista”

“La sera del 20 febbraio – racconta Galli – quella in cui poi venne fuori il caso del paziente 1 di Codogno, io stavo di fronte a 100 medici di base per una conferenza. Dissi: “Abbiamo avuto i due turisti cinesi che non hanno lasciato strascichi, sono stati chiusi i voli diretti dalla Cina prima che in altri paesi, forse ce la siamo cavata. L’unica possibilità è che ci sia arrivato il virus triangolando di sponda senza che ce ne siamo accorti, ma mi sembra una visione troppo apocalittica”. Mentre dicevo quelle cose un collega di fronte a me riceveva una telefonata si scusava: “Mi spiace devo schizzare via per un’emergenza”. Era per il caso 1 di Codogno. Inutile dire che fummo colti alla sprovvista. Chiamai improbabile quello scenario, che invece si verificò puntualmente. La cosa mi è rimasta sullo stomaco”.

L’ospedale Sacco di Milano

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Sugli scenari futuri prevale un cauto ottimismo. “Si parla di virus presente da mesi e mesi ma è una fesseria colossale. Lo abbiamo visto cosa ha combinato questo virus quando è entrato negli ospedali? Ce ne siamo accorti e in tre settimane i casi erano decine di migliaia. Se fosse entrato a dicembre nei pronto soccorso o nei reparti, in pochi giorni saremmo stati invasi nelle strutture ospedaliere e fuori. Adesso possiamo sperare in maniera moderata che questi virus tendano a diventare meno cattivi, ma in tempi non così brevi di regola. Affermare che questo stia accadendo, però, può incoraggiare i cittadini ad atteggiamenti meno prudenti, è rischioso”.

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