Mafia, Catania: smantellato clan Brunetto legato a Cosa nostra

Catania, maxi-operazione anti mafia: è stato smantellato il clan Brunetto, legato a Cosa nostra. Sono 46 le persone arrestate, gestivano droga ed estorsioni. 

clan brunetto

A Catania ha avuto luogo una grande operazione anti mafia, messa in atto dai Carabinieri del Comando provinciale, ai danni del clan Brunetto. Gli agenti hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare e di sequestro preventivo nei confronti di 46 persone coinvolte nel clan che è stato, di fatto, smantellato. Il clan a sua volta sembra legato a Cosa nostra, rappresentata dalla famiglia Santapola-Ercolano. L’intera organizzazione criminale sembrava gestire gran parte dell’area Ionica e Etnea. Su richiesta della Procura distrettuale di Catania, il Gip ha emesso il provvedimento restrittivo.

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I reati del clan Brunetto ipotizzati sono molti, a diversi gradi di gravità: associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, e, infine, estorsione aggravata dal metodo mafioso. In tal modo è giunta a compimento un’operazione, chiamata Jungo, che ha coinvolto diverse province, non solo siciliane: Catania, Messina, Trapani e Rimini. Al momento sono 46 le persone agli arresti, due delle quali ai domiciliari.

Maxi-operazione a Palermo: 91 arresti legati a Cosa nostra

clan brunetto

L’operazione Jungo non è l’unica operazione degna di nota degli ultimi giorni. Risale a poco tempo fa, precisamente al 12 maggio, un’altra ondata di arresti che ha coinvolto la mafia dell’Acquasanta, il clan che controlla da tempo immemore i Cantieri Navali e il mercato ortofrutticolo di Palermo, il clan dei Galatolo e dei Fontana. I nomi dei criminali al centro dell’operazione sono storici, legati ancora ai tempi degli stragisti corleonesi. Attraverso l’ultima inchiesta della Dda di Palermo sono stati svelati e colpiti i vertici delle cosche dell’Arenella e dell’Acquasanta. Sono stati 91 gli arresti a Palermo legati ai fratelli Fontana, Gaetano, Giovanni e Angelo. Questi ultimi sono stati arrestati nuovamente, dopo aver già scontato una pena in carcere. Una volta usciti, trasferitisi a Milano, avrebbero messo su un’organizzazione di prestanomi, professionisti collusi e commercianti per creare una vera e propria filiale di Cosa nostra in terra lombarda. Gli arresti si sono poi estesi anche alla sede centrale, Palermo: lì i loro uomini gestivano un grande giro di estorsioni, traffici di droga, appalti e commesse ai Cantieri Navali, scommesse online e corse di cavalli truccate. Tra gli uomini al vertice dell’associazione a delinquere: Giovanni Ferrante e Domenico Passarello.

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A commentare gli arresti è il Gip stesso nella misura cautelare: “Le misure di distanziamento sociale e il lockdown su tutto il territorio nazionale, imposti dai provvedimenti governativi per il contenimento dell’epidemia, hanno portato alla totale interruzione di moltissime attività produttive, destinate, tra qualche tempo, a scontare una modalità di ripresa del lavoro comunque stentata e faticosa, se non altro per le molteplici precauzioni sanitarie da adottare nei luoghi di produzione. Da una parte, l’attuale condizione di estremo bisogno persino di cibo di tante persone senza una occupazione stabile, o con un lavoro nell’economia sommersa, può favorire forme di soccorso mafioso prodromiche al reclutamento di nuovi adepti”.

Insomma, il Gip lancia l’allarme, e intanto si cerca di arginare come possibile un fenomeno storico che rischia di essere alimentato dalle circostanze attuali. Nei documenti redatti sono tremila le pagine dense di accuse, 91 gli arrestati e 15 milioni di euro il valore dei beni sequestrati.

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