Fuga dal carcere di Rebibbia: segate le sbarre, gli evasi si sono calati con la corda

Fuga a Rebibbia (Roma): due sarebbero gli evasi che, questa notte, si sarebbero calati dalle loro celle per dileguarsi nel buio. Al momento è ancora in corso la caccia all’uomo, mentre i sindacati potestano sulle condizioni del sistema penitenziario.

carcere rebibbia roma

Come si apprende, due detenuti sono evasi dal carcere di Rebibbia, a Roma. L’allarme sarebbe scattato poco prima delle ore 12:00 di oggi e, secondo quanto viene riportato dalle prime informazioni, i due avrebbero scavalcato il muro di cinta e si sarebbero calati con una corda eludendo la vigilanza. L’evasione potrebbe essere avvenuta nella notte, e al momento sono in corso accertamenti e controlli estesi su tutta l’area, con lo scopo di rintracciare i fuggitivi.

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Segano le sbarre e si calano con la corda: due gli evasi

Dalle prime informazioni giunte, i due evasi sarebbero di origini nomadi ed erano finiti in carcere per reati contro il patrimonio e la pubblica amministrazione. Davad Zukanovic, di 40 anni, sarebbe nato ad Olbia, mentre il 46enne Lil Ahmetovic è originario della Croazia.

Davad Zukanovic
Davad Zukanovic, rom di 40 anni

Secondo quanto è emerso da una prima ricostruzione dei fatti, per mettere a segno l’evasione i due fuggitivi avrebbero dapprima segato le sbarre della loro cella, poi si sarebbero calati nel cortile con una corda. Una volta raggiunta quest’area, sarebbero infine riusciti a scavalcare il muro di cinta e a dileguarsi nel buio.

Date le origini dei detenuti, le ricerche della polizia si stanno concentrando in particolare nei campi nomadi, ma sotto stretto controllo delle autorità sono anche le stazioni e gli  aeroporti della capitale.

Lil Ahmetovic
Lil Ahmetovic, rom di 46 anni

Sistema fragile, “carceri in mano ai delinquenti”

“L’episodio di questa notte evidenzia tutta la fragilità del sistema carcerario“. Commenta con queste parole il segretario generale del sindacato polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo, dopo essere venuto a conoscenza dell’evasione di due detenuti dal carcere di Roma. “Abbiamo bisogno che si presti la giusta attenzione al sistema carcerario italiano che fa acqua da tutte le parti. Lo Stato deve riprendere il controllo delle carceri, che al momento sono senza dubbio sotto il controllo dei delinquenti e delle organizzazioni criminali”, ha poi proseguito il segretario.

detenuti rom evasi da Rebibbia
la corda usata dai detenuti per fuggire dal carcere di Rebibbia

Sappe sugli evasi a Rebibbia: “allarmi sottovalutati”

Sulla faccenda, però, si è epresso anche il Sappe (ovvero il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), che punta il dito contro la carenza di sicurezza e la mancanza di sentinelle nel carcere di Rebibbia. Secondo il segretario Donato Capece, infatti, i due fuggitivi sono riusciti a scappare “dopo avere scavalcato il muro di cinta, usando una manichetta dell’acqua, favoriti dal probabile mancato funzionamento del sistema anti-scavalcamento e dal fatto che non ci sono le sentinelle della Polizia Penitenziaria sul muro di cinta. Un fatto grave, che è conseguenza di una sottovalutazione degli allarmi lanciati dal Sappe negli ultimi giorni“.

“Questa evasione è la conseguenza dello smantellamento delle politiche di sicurezza dei penitenziari e delle carenze di organico della Polizia Penitenziaria, che ha 7mila agenti in meno”, prosegue poi il segretario Donato Capece, ricordando come pochi giorni fa lo stesso Sappe aveva richiamato l’attenzione sulle criticità di Rebibbia, Istituto a cui ora si chiede di rimediare con l’assunzione di almeno 10 nuovi agenti.

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Per il carcere romano, infatti, è prevista “una dotazione organica di 196 agenti, a fronte di una presenza effettiva complessiva di 150 unità (ovvero 46 poliziotti in meno con una carenza che supera il 25% del previsto)”. Inoltre, “sui 150 poliziotti in servizio, 81 hanno più di 50 anni (e quindi avrebbero diritto ad essere esonerati dai turni notturni e da servizi particolarmente gravosi), 37 sarebbero fruitori di permessi della legge 104 e circa 10 unità andranno in quiescenza durante l’anno in corso”. Da qui la grave mancanza di personale, allora, che sta “pregiudicando fortemente l’ordine e la sicurezza dell’istituto”.

Secondo quanto viene infine sottolineato da Capece, infatti, “i colleghi sono costretti a turni di lavoro massacranti, ma ormai sono allo stremo delle forze. Per di più, l’istituto ospita diverse tipologie di detenuti: diversi soggetti hanno problemi di natura psichiatrica e numerosi sono collaboratori di giustizia che, evidentemente, richiedono una maggiore cautela e una più assidua sorveglianza“.

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