Palamara “nemmeno l’inquisizione, non farò il capro espiatorio di nessuno”

Luca Palamara è stato espulso dall’Anm per aver commesso gravi e reiterate violazioni del codice etico. Il pm romano indagato a Perugia per corruzione non è stato ascoltato dall’Associazione nazionale magistrati per decisione del Comitato direttivo centrale dell’Anm che ha all’unanimità respinto la richiesta.

Palamara espulso

La decisione è arrivata nel primo pomeriggio di sabato 20 giugno, dopo che è stata rigettata la sua istanza. Voleva essere ascoltato, Palamara, ma il parlamentino delle toghe ha deciso di no. Perché lo statuto dell’ Anm prevede l’audizione davanti al collegio dei probiviri – dove però non è mai andato – e non davanti al comitato direttivo centrale.

La riunione presso l’Hotel Champagne

Palamara è stato sospeso in via cautelare da funzioni e stipendio dalla sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli. Per i probiviri, avrebbe violato il codice etico dei magistrati. Quanto gli viene contestato è in riferimento alla riunione presso l’Hotel Champagne, tra Palamara, cinque consiglieri del Csm e i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti, sulla nomina del procuratore di Roma intercettata nell’ambito dell’inchiesta di Perugia, dove il magistrato è indagato per corruzione. Secondo l’accusa, nella famosa riunione, si parlò di una strategia per boicottare uno dei candidati e favorire invece un altro degli aspiranti. È la prima volta che un provvedimento così drastico viene assunto nei confronti di un ex presidente dell’Anm.

«Chiedo scusa ai tanti colleghi che sono fuori dal sistema delle correnti, che inevitabilmente saranno rimasti scioccati dall’ondata di piena che rischia ingiustamente di travolgere quella magistratura operosa e aliena dalle ribalte mediatiche. Per loro sono disposto a dimettermi ma solo se ci sarà una presa di coscienza collettiva e se insieme a me si dimetteranno tutti coloro che fanno parte di questo sistema. Non farò il capro espiatorio di un sistema», ha dichiarato Luca Palamara nella memoria che avrebbe voluto presentare al Comitato direttivo centrale dell’Anm. «Non mi sottrarrò alle responsabilità politiche del mio operato per aver accettato regole del gioco sempre più discutibili. Ma dev’essere chiaro che non ho mai agito da solo. Sarebbe troppo facile pensare questo».

La strategia dei legali

Gli avvocati di Palamara (Roberto Rampioni e Benedetto Marzocchi Buratti), come strategia per poter indebolire le accuse contro il pm, puntano su alcuni file audio, che al momento, la Procura di Perugia non ha ancora consegnato ai difensori del magistrato. Gli avvocati hanno solo potuto ascoltarli, senza acquisirli. Secondo i legali, ci sarebbero due telefonate importanti. La prima risalente all’8 maggio del 2019, tra il deputato Pd Cosimo Ferri e Palamara. Una conversazione in cui i due si davano appuntamento allo Champagne. E aver intercettato questa chiacchierata avrebbe dovuto impedire la successiva intercettazione da parte degli inquirenti, che possono ascoltare conversazioni di parlamentari solo se casuali. Sempre per Buratti e Rampioni, ci sarebbe stato un errore di trascrizione di una intercettazione: «si vira su Viola» come procuratore capo a Roma, avrebbe detto il deputato Luca Lotti per gli investigatori. «Vedo che si arriva a Viola» sostengono abbia detto Lotti, dopo aver ascoltato l’intercettazione.

Procura Perugia Palamara

Prima di ogni decisione Luca Poniz, il presidente dell’Anm, aveva fatto riferimento a “una gigantesca questione morale” nel mondo delle toghe. L’inchiesta della procura di Perugia è stata, sostiene il pm milanese che guida il sindacato delle toghe “incalcolabile danno per i magistrati”. E ancora: “Le inammissibili interferenze nell’attività dell’autogoverno non possono essere in alcun modo giustificate”. Poniz nel suo intervento ha ricordato le parole pronunciate dal presidente della Repubblica e concluso: ”È imprescindibile il rispetto del codice etico”.

 

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