Omicidio Bonanni, il musicista ucciso di botte: i 4 aguzzini a processo

Gli autori dell’aggressione avevano già avuto 9 anni di reclusione per il tentato omicidio, ma ora devono rispondere di omicidio.

Omicidio Bonanni, il musicista ucciso di botte: i 4 aguzzini a processo – meteoweek

Un violento pestaggio nel 26 giugno del 2011 al rione Monti: a perdere la vita è stato il musicista Alberto Bonanni, morto dopo tre anni di coma il 7 dicembre del 2014. I suoi aguzzini erano stati accusati di tentato omicidio ma ora dovranno rispondere della morte dell’uomo. Si prospetta, infatti, un processo bis per i protagonisti di quella tragica notte con l’accusa di omicidio volontario. Il pm Silvia Sereni ha disposto la chiusura indagini nei confronti di Carmine D’Alise, 30 anni, e Christian Perozzi, 29 anni, tornati da poco liberi dopo aver scontato la condanna a nove anni di reclusione per tentato omicidio per aver dato a calci e pugni all’allora 29enne chitarrista steso in terra. Stesso destino per il pittore Massimiliano Di Perna, ancora libero e Brian Gaetano Bottigliero, anche lui già condannato in via definitiva a nove anni di carcere per aver colpito con un casco Bonanni ma agli arresti domiciliari.

Ora il nuovo processo dovrà tornare indietro a quella terribile notte, quando un gruppo di amici cammina per le vie del rione Monti facendo baldoria ed è incappato nel musicista. Poco attimi dopo arrivano D’Alise, Perozzi e Bottigliero, che si accaniscono sul musicista in terra. Bonanni viene portato subito in ospedale. Dove cade in coma. Non riaprirà mai più gli occhi per via di un tumore (ignorato dal chitarrista) complicatosi a causa delle botte e che gli porterà via definitivamente la vita nel 2014.

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I genitori del giovane si erano opposti alla riesumazione del cadavere per il nuovo processo e avevano scritto a Mattarella: “Il presidente della Repubblica, se vuole, può sospendere questa cosa. Noi adesso che Alberto è morto – racconta – abbiamo chiuso questo tragico capitolo della nostra vita e vorremmo ricominciare ad essere un po’ più sereni”. La riesumazione del corpo, a tre mesi dalla morte, per i familiari di Alberto è una sofferenza insostenibile oltre che inutile: “Ci sono 5 mila pagine di referti, risonanze e tac – prosegue Patrizia – come hanno già giudicato gli imputati in Appello con questo materiale possono farlo anche ora. Io, se vengono, al cimitero mi do fuoco”.

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