Le scelte di Mattarella sulla crisi di governo: ipotesi, scenari e date

Continuano gli affondi del leader di Italia viva Matteo Renzi, che ribadisce: “L’esperienza del Conte bis per me è già archiviata. Se volete discutiamo del dopo”. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, intanto, nella conferenza stampa di ieri ha illustrato il cronoprogramma e si è detto pronto a parlamentarizzare la crisi, in caso di necessità. Che il 2021 si apra con una reale crisi di governo?

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“L’esperienza del Conte bis per me è già archiviata. Se volete discutiamo del dopo”, dice il leader di Italia viva Matteo Renzi. Esatto, il punto è proprio il dopo. Che non si possa continuare con questo immobilismo, mentre campagna vaccinale e tempi del Recovery incalzano, è evidente. Che sia il caso di smuovere le sabbie mobili nelle quali il governo si è impantanato, è chiaro. Di certo non si potrà cominciare il 2021 con un allegro: “Anno nuovo, vita nuova”. Il problema è cosa fare. E’ esattamente ciò su cui si stanno interrogando i protagonisti delle vicende, ed è la causa di questo dannoso temporeggiamento prima del cambio di rotta. Ci pensa il presidente del Consiglio Conte, ci pensa il leader di Italia viva Matteo Renzi, e ci pensa in primis il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che al di là di litigi e bluff sarà l’unico a dover dettare ufficialmente la linea. A lui si rimettono anche quasi tutti gli esponenti politici del momento, da Berlusconi a Renzi, ribadendo: la decisione spetta a lui. Quasi a dire: io quello che dovevo dire l’ho detto, ora la responsabilità è del presidente della Repubblica. Mattarella intanto resta in silente osservazione, lancia legittimi appelli all’unità mentre fuori il governo barcolla. Ma quali sono le intenzioni dei partiti e le ipotesi che Mattarella prenderà in considerazione?

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Le intenzioni (ufficiali) dei partiti e le ipotesi in campo

Matteo Renzi e Italia viva vorrebbero un nuovo governo a guida Mario Draghi, ma potrebbero accettare anche un Conte ter con una squadra di ministri totalmente rinnovata (il famoso grande rimpasto). Stando a quanto riportato da QuiFinanza, Renzi si dice pronto a tornare alla carica molto presto: “I primi giorni di gennaio mi farò carico del coraggio anche per Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti”, avrebbe rivelato secondo alcune fonti di Palazzo Chigi. Che gli occhi di Matteo Renzi siano puntati sulla figura di Mario Draghi è ormai evidente: al di là di esplicite dichiarazioni di apprezzamento, il suo nome spunta in ogni discorso del leader di Italia viva, soprattutto nei discorsi volti a minacciare il Conte bis. Insomma, Renzi tra le righe sembra voler suggerire anche una soluzione alle critiche mosse. Eppure, dovendo muoversi all’interno di precari equilibri parlamentari, Sergio Mattarella potrebbe dare il via a un ulteriore Conte ter. In questo caso, stando alle ultime indiscrezioni, Matteo Renzi avrebbe confidato a un collega del Pd: “Può essere, anche se dare la fiducia a un Conte 3 mi costerebbe”. In quel caso l’ipotesi riguarderebbe una squadra di governo stravolta, due vicepremier (Di Maio e Orlando), e un posto rilevante tra i ministri a Renzi o Rosato. Anche se su questo punto Renzi ha sempre ribadito: “Non vogliamo strapuntini, vogliamo la politica“. Staremo a vedere.

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Intanto il Pd sembra voler ribadire la linea annunciata (forse un bluff?): se il Conte bis cade, il Pd non è spaventato dal voto. E anzi, ha già proposto una strategia che prevede alle urne un’alleanza con il M5s e una lista Conte. Eppure, anche il Pd non disdegnerebbe un Conte ter, anzi. Nella giornata di ieri sono arrivate le laconiche parole del segretario Nicola Zingaretti: “Siamo contro atteggiamenti e azioni che rischiano di degenerare in avventure confuse ma chiediamo un rilancio dell’azione di governo”. Insomma, bisogna imboccare una svolta definitiva. Ma sarà veramente definitiva? Il dubbio del Pd è che una manovra di questo tipo possa creare ulteriori squilibri nel M5s – già tentennante e vittima di un esodo di parlamentari – e che a quel punto si giunga a una irrimediabile ingovernabilità. Ma ora sorge una domanda: Conte accetterebbe un terzo governo, a patto di essere notevolmente ridimensionato? Ieri avrebbe commentato, a proposito dell’ipotesi dei due vicepremier: “E’ una formula già sperimentata con scarso successo”.

Le forze di opposizione, nel frattempo, ribadiscono (seppur con modulazioni diverse): se il Conte bis dovesse cadere, sarebbe necessario andare alle elezioni. Qualsiasi altro governo nato da accordi di Palazzo risulterebbe, ancora una volta, instabile. Eppure, anche all’opposizione si apre un ventaglio di proposte differenti. Ieri la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni avrebbe lanciato la proposta di una mozione di sfiducia: “Non credo alla buona fede di Renzi e alla reale volontà di aprire una crisi di governo ma sarei contenta di sbagliarmi. Propongo a chi realmente voglia, come noi, mandare a casa definitivamente il governo Conte, e comunque a tutto il centrodestra, di presentare una mozione di sfiducia al presidente del consiglio e all’intero governo”. Poi ancora: “Così vedremo, ancora una volta, chi vuole mantenere in vita l’attuale esecutivo (o al massimo puntare a un rimpastino), con tutti i gravissimi danni che sta arrecando agli italiani e chi invece vuole mandarlo veramente a casa”. Eppure, dagli alleati è arrivato il gelo. Forza Italia non avrebbe commentato, mentre fonti della Lega avrebbero sottolineato: “In questo momento, l’unico che sarebbe beneficiato da una mozione di sfiducia è proprio Conte”.

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Cosa potrebbe fare, dunque, Mattarella in questo scenario? Proporre un Conte ter, che potrebbe configurarsi come più inclusivo nei confronti di Italia viva (anche se questo non è affatto scontato). Prendere atto di un’ingovernabilità di fondo all’interno delle forze di maggioranza e opposizione (l’ipotesi governo di unità nazionale sembra ufficialmente archiviata dal centrodestra), e quindi proporre un governo tecnico (magari a guida Mario Draghi). Oppure sciogliere le camere e giungere alle elezioni anticipate. Ma l’ultima ipotesi sembra la più improbabile, soprattutto di fronte alle scadenze sul Recovery, alla campagna vaccinale e a un’emergenza economico-sanitaria ancora aperta.

Le date della crisi

Molto probabilmente, la resa dei conti arriverà nei primi giorni di gennaio, in occasione della discussione in Consiglio dei ministri sul Recovery. Conte avrebbe anticipato: “Dobbiamo fare una sintesi politica, è urgente: lo dico molto francamente, va fatta nei prossimi giorni e non valgono i giorni di festa”. Sarà fatta “ai primi di gennaio”. Intanto, Conte contrattacca con pacatezza ma decisione agli ultimatum di Renzi: “Se verrà meno la fiducia di un partito vado in parlamento“. Conte si apre dunque a una parlamentarizzazione di un’enventuale crisi di governo: “Il premier non sfida nessuno – ha messo in chiaro Conte -, ha la responsabilità di una sintesi politica e di un programma di governo. Per rafforzare la fiducia e la credibilità del governo e della classe politica bisogna agire con trasparenza e confrontarsi in modo franco. Il passaggio parlamentare è fondamentale. Finché ci sarò io ci saranno sempre passaggi chiari, franchi, dove tutti i cittadini potranno partecipare e i protagonisti si assumeranno le rispettive responsabilità”. In genere, Conte non esclude affatto né di parlamentarizzare la crisi, né di aprirsi a un rimpasto (a patto che non ne esca ridimensionato). L’inizio delle trattative su queste ipotesi avrà luogo i primi di gennaio, con importanti evoluzioni previste a cavallo dell’Epifania. Auguri di buon anno.
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