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Politica

M5s, c’è l’accordo tra Conte e Grillo sullo Statuto. Basterà?

Mentre il M5s continua a perdere parlamentari (pronti ad abbandonare il gruppo in Aula per passare ad altre collocazioni), il Movimento cerca di comprendere il suo futuro ruolo all’interno della maggioranza. Lo spettro della crisi continua ad aleggiare attorno ai due leader in contesa, Beppe Grillo e Giuseppe Conte, ma una novità rinnova le speranze: Conte e Grillo avrebbero trovato un accordo sullo Statuto. 

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In questi giorni, mentre i pontieri hanno continuato le loro trattative, mentre i sette nominati per cercare un compromesso tra le parti hanno portato avanti la loro opera di persuasione, le decisioni politiche urgenti hanno rischiato e rischiano di mettere in crisi quel poco che il M5s cerca di salvare. Tutto questo si traduce, ovviamente, anche in termini numerici: di recente un altro deputato, Devis Dori, ha abbandonato il M5s per migrare verso LeU. Dori è il 94esimo parlamentare, tra deputati e senatori, ad aver abbandonato il M5s dall’inizio delle legislatura, ricorda il Corriere.

Il cambio di casacca non è certo una novità e non riguarda esclusivamente il M5s: stando a quanto riportato dal sito Openpolis.it, i passaggi ad altri gruppi parlamentari nel corso della legislatura sono stati ben 260. Questi passaggi, presi singolarmente, sembrano non incidere eccessivamente sulla tenuta della maggioranza. Ma sommati, presi in blocco, di certo iniziano a fornire un elemento di instabilità numerica. Soprattutto qualora questi passaggi parlamentari dovessero coinvolgere un solo attore in gioco: ed è esattamente quello che teme il M5s. Quante altre defezioni è necessario attendersi? Saranno in grado di influenzare la tenuta della maggioranza? Sono queste le domande che i pentastellati in primis si stanno chiedendo in questi giorni. Ma a rinsaldare la speranza è un colpo di scena dell’ultim’ora: Beppe Grillo e Giuseppe Conte avrebbero trovato un accordo sullo Statuto.

Colpo di scena sullo Statuto M5s

A annunciarlo, il leader politico dei 5 Stelle Vito Crimi che, durante l’assemblea dei gruppi pentastellati, ha ribadito chiaramente: è stato trovato un accordo tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte sul nuovo Statuto. A breve, ha spiegato, sarà indetta una votazione che riguarderà lo statuto e l’elezione del presidente del Movimento. Crimi avrebbe poi letto un messaggio congiunto di Conte e di Grillo: “Il MoVimento si dota di nuovi ed efficaci strumenti proiettando al 2050 i suoi valori identitari e la sua vocazione innovativa. Determinante è stato il contributo scaturito dal lavoro dei sette che Grillo e Conte ringraziano. Una chiara e legittima leadership del Movimento costituisce elemento essenziale di stabilità e di tenuta democratica del Paese“. Grillo e Conte – continua il messaggio – “si sentiranno ancora nei prossimi giorni per definire insieme gli ultimi dettagli e dare avvio alle procedure di indizione delle votazioni“.

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E adesso?

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La notizia appare gradita al M5s anche perché i numeri delle defezioni iniziavano a diventare considerevoli: il solo sostegno al governo Draghi era già costato al M5s la fuoriuscita di 46 parlamentari. A questi si aggiungono i parlamentari che in questi giorni avrebbero potuto decidere di tirarsi fuori dal Movimento. Potrebbe trattarsi di qualche caso isolato o di una vera e propria scissione, con il rischio di far passare i gruppi 5 Stelle di Camera e Senato al secondo o al terzo posto per “popolosità” all’interno del Parlamento (dopo il primo posto ottenuto nel 2018).

Insomma, in caso di vero e proprio esodo, il pericolo reale è di fornire una grande fonte di instabilità alla maggioranza che sostiene il governo Draghi. E i numeri per profilare un’evoluzione di questo tipo ci sarebbero anche: stando a quanto riportato da indiscrezioni parlamentari, a detta del Corriere, sarebbero circa un centinaio i parlamentari pronti a seguire Conte in caso di scissione. Ovviamente, il numero va ridimensionato: un conto sono le dichiarazioni di intenti, un conto sono i fatti. L’ex premier, infatti, al momento non ha nulla di concreto da offrire ai presunti dissidenti, non ha un partito suo, non ha la promessa di una rielezione alla prossima legislatura. Insomma, è possibile che il numero di volenterosi si sgonfi (così come si era sgonfiato il numero di “responsabili”). Ad ogni modo, lo scenario di una scissione sembra al momento scongiurato dall’annuncio di Vito Crimi. Ma basterà ad allontanare lo spettro della crisi? Sul Movimento, infatti, continua ad aleggiare lo spettro della riforma della Giustizia.

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La temuta riforma della Giustizia

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A preoccupare i pentastellati sono anche le decisioni che si profilano all’orizzonte, prima tra tutte la riforma della giustizia. La riforma, proposta questa settimana dal governo, è necessaria per ottenere i finanziamenti europei del Recovery Fund. Non è dunque un dossier rinviabile a data da destinarsi. Il problema è che la nuova proposta avanzata dalla ministra Cartabia modifica – di fatto – diversi aspetti importanti della riforma Bonafede licenziata durante il primo governo Conte. Il più importante punto di discordia riguarda la prescrizione: la legge Spazzacorrotti di Bonafede aveva eliminato la prescrizione dopo le sentenze di primo grado. La norma resta anche nella nuova riforma, ma vengono introdotti tempi fissi oltre i quali scatta l’improcedibilità (sia in Appello che in Cassazione).

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Il M5s sarebbe riuscito – in questo quadro – a ottenere qualche concessione per quanto riguarda le eccezioni. La misura sulla improcedibilità non solo non si applica ai reati di mafia, terrorismo, traffico di droga, violenza sessuale, rapina, estorsione, sequestro, ma anche ai reati di corruzione e concussione, proprio grazie a una richiesta targata M5s. In presenza di questi reati, infatti, i tempi dei processi potranno essere prorogati fino a tre anni per l’Appello e a un anno e mezzo per la Cassazione. Il problema è che tutto questo potrebbe non bastare a ricompattare le fila del Movimento. E dopo l’accordo al Consiglio dei ministri, ora è il passaggio in Parlamento a preoccupare. I fronti, anche in questo caso, sarebbero due: da un lato Beppe Grillo e gli esponenti del Movimento interni al governo favorevoli all’accordo, dall’altro Conte e i contiani, contrari all’accordo. Anche per questo motivo l’accordo sullo Statuto rassicura, allontana lo spettro della scissione, ma non scioglie tutti i nodi.

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