25 aprile, la Resistenza ucraina divide la piazza: Draghi, Letta e Pd contestati a Milano

Durante le celebrazioni della festa della Liberazione a un corteo se n’è spesso contrapposto un altro. A dividere la guerra in Ucraina.

Dure contestazioni al governo e alla maggioranza che lo sostiene, in particolare il Pd.

Dopo due anni di pandemia le piazze italiane sono tornate a riempirsi per il 25 aprile. Ma la festa che doveva celebrare la Resistenza si è divisa su un’altra resistenza: quella che da due mesi impegna l’Ucraina contro l’invasione da parte di Mosca.

Ieri mattina ad Acerra Sergio Mattarella ha cercato di stemperare le polemiche sul conflitto ucraino. Il presidente della Repubblica ha citato “Bella Ciao” per ribadire che “Resistenza significa opporsi all’invasore straniero“. Poi ha esortato a arrestare la “deriva della guerra prima che si estenda” e a difendere la libertà “ovunque sia minacciata”.

Dure contestazioni a Milano a Draghi, Letta e Pd

Ma la guerra resta un tema divisivo. A Roma alla manifestazione dei partigiani dell’Anpi se ne è affiancata un’altra pro-Kiev. Nella capitale ha sfilato il tradizionale corteo dell’Anpi fino a Porta San Paolo. Hanno partecipato in 3.500 con le bandiere rosse e gli striscioni “contro Putin e contro la Nato“. Mentre a Largo Argentina sono scese in piazza altre 200 persone che sventolavano le bandiere giallo blu dell’Ucraina. Un corteo alternativo organizzato da Azione, +Europa e Comunità ebraica. Lo slogan del corteo filoucraino era: “Celebrare la Liberazione è schierarsi con la resistenza di Kiev“.

Al corteo principale di Milano hanno sfilato in 70 mila. È stato un corteo allegro e pacifico, transitato lungo le vie cittadine al canto di “Bella ciao”. Ma non senza contestazioni. Sono apparsi striscioni che invitavano a “Cacciare Draghi servo della Ue e della Nato“. E non sono mancati gli insulti al segretario del Pd Enrico Letta, anche lui apostrofato come “servo della Naro”, e a altri parlamentari dem. Tutti accusati di essere “guerrafondai” e invitati a levare il disturbo. “Questa è casa nostra. La Costituzione, l’antifascismo sono casa nostra”, ha risposto Letta ai critici.

Contestata anche la Brigata ebraica

Vicino a Porta Venezia si sono registrate tensioni quando sfilavano la Brigata ebraica e alcune associazioni con le insegne della Nato: “Fuori l’Italia dalla Nato” e “Intifada fino alla vittoria”, hanno gridato alcuni militanti dei centri sociali, debitamente controllati dalle forze dell’ordine.

Dal palco in Piazza Duomo, ha parlato il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo. “Un grave errore”, ha detto, contestare il Pd. Poi ha tentato di smorzare le polemiche nate per via delle sue posizioni ritenute filo-russe e per la contrarietà alle forniture di armi alle forze ucraine. “Condanniamo senza se e senza ma l’invasione da parte dell’esercito di Putin e affermiamo che l’Ucraina ha il dovere e il diritto morale e giuridico di difendersi”, ha precisato. “Bisogna evitare che su singoli fatti si perda la bussola di una posizione unitaria”, ha affermato Pagliarulo precisando di non aver mai considerato le dimissioni.

Ma in precedenza il segretario della Cgil, Maurizio Landini, aveva nuovamente criticato l’invio di armi a Kiev, fischiato per questo dagli ucraini e dai filoatlantisti: “Non sono d’accordo che la risposta” al confitto in Europa orientale sia “quella di riarmare tutto il mondo”, ha detto Landini.

Tensioni anche a Reggio Emilia

Tensione anche a Reggio Emilia dove alcuni attivisti di +Europa e Italia Viva con bandiere europee, dell’Ucraina e degli Stati Uniti sarebbero stati oggetto di insulti e successivamente esortati dalle forze dell’ordine ad allontanarsi, tra cori contro l’Alleanza Atlantica. Anche a Marzabotto, luogo della strage nazista del ’44, si è voluto commemorare la Resistenza. Era presente il presidente della Camera Roberto Fico. Che ha lodato la scelta “coraggiosa e importante” dell’Italia di mandare armi a Kiev e la volontà “di essere una comunità che costruisce la pace”. Durante la manifestazione è stata letta una lettera di Liliana Segre, secondo la quale anche in Ucraina “resistere è necessario ed è un dovere”.

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