Principessa Mononoke | ecco perché rivedere il capolavoro di Miyazaki

Il film Principessa Mononoke fu il primo enorme successo commerciale dello Studio Ghibli. Il cartone animato di Hayao Miyazaki ha detenuto per un certo periodo di tempo il record del film dal maggiore incasso nelle sale giapponesi, almeno fino all’uscita di Titanic.

A dimostrazione di questo enorme successo di pubblico, Principessa Mononoke, che sarà disponibile da febbraio sul catalogo Netflix, fu anche il primo film dello Studio Ghibli ad essere distribuito e doppiato negli Stati Uniti.

Mononoke, il primo successo internazionale

Avendo sullo sfondo la tematica ambientalista tipica delle produzioni di Miyazaki e mosso da un gusto unico per l’azione come veicolo della narrazione, il capolavoro del 1997 è uno dei pochi dello Studio Ghibli ad avere un protagonista maschile, ma in realtà trova il fulcro della narrazione in una principessa guerriera che succhia il sangue dalle ferite dei lupi. Nonostante infatti il povero principe Ashitaka, è attorno alla “ragazza-lupo” che ruota tutto il film: giovane donna abbandonata dai genitori dopo gli attacchi della Patrona Moro alla foresta in cui viveva, si innamorerà del principe del popolo Emishi, ma non cambierà idea sulla cattiveria della razza umana.

Il primo confronto tra lei e Ashitaka è riassunto in un una delle scene più memorabili dell’intera filmografia di Hayao Miyazaki, un momento che da solo spiega la differenza tra il mondo animale, governato dall’istinto e dalle passioni più primordiali, e quello degli umani, vincolati da regole sociali e di comportamento. Come spesso avviene nei film dello Studio Ghibli, però, la scelta di porre una accanto all’altra due realtà apparentemente inconciliabili è sempre propedeutica alla dimostrazione della propria imparzialità di giudizio: mostrare due punti di vista diversi sul mondo e sull’esistenza senza per questo prendere posizione o indicare uno dei due come l’unico accettabile.

Un film di stampo classico

Se Porco Rosso è il film di Miyazaki che meglio mette in scena l’azione dinamica, quella basata sulla velocità e sul movimento dei personaggi su schermo, Principessa Mononoke è invece un’avventura più classica, che si rifà a modelli antichi (dai quali mutua il protagonista maschile) e mette in scena il conflitto in tutta la sua crudeltà. Il tasso di violenza del film è particolarmente alto e si è sempre convinti che possa succedere qualcosa di improvvisamente tragico o efferato in ogni momento (un senso costante di possibile morte o amputazione che sarà poi ripreso da altri registi giapponesi come Shin’ya Tsukamoto). Più di altri film dello Studio Ghibli, Principessa Mononoke mette in scena la poesia dei movimenti, rendendo armonioso ogni movimento dei propri personaggi, dall’azione di sostituire la corda di un arco a quella di saltare in groppa al proprio destriero.

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Il film più occidentale di Miyazaki

Principessa Mononoke è quindi forse il film più “occidentale” di Miyazaki. Tolta l’ambientazione nipponica, la trama fatta di intrighi, inganni e battaglie, sembra provenire da riferimenti geograficamente lontani dalla terra del Sol Levante e come spesso accade in questo tipo di racconti, anche il film dello Studio Ghibli sposta con il tempo l’attenzione dal contesto più ampio, quello nel quale si svolge una lotta di enormi dimensioni, alla specifica e di per sé trascurabile vicenda dei singoli, quella di due persone che cercano di rimanere uniti.

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