Omicidio Vannini, l’autodifesa della Procura di Cosenza: “Effettuati tutti i rilievi necessari”

A distanza di quasi cinque anni dall’omicidio di Marco Vannini, il ragazzo di 17 anni rinvenuto cadavere a casa della fidanzata, la procura di Civitavecchia respinge l’accusa di indagini poco accurate.

Marco fu ucciso: dove e come?

L’unica certezza, cinque anni dopo la morte di Marco Vannini, avvenuta il 17 maggio scorso, è che si trattò di omicidio perché in qualche modo la morte del ragazzo poteva essere evitata. Ma ancora non è del tutto chiaro come le cose siano avvenute e quale sia il bilancio delle responsabilità.

Le accuse del ministero

La Procura della Repubblica di Civitavecchia tuttavia si difende dalle accuse del ministro.

“Rilievi puntuali, indagini tempestive” dice Andrea Vardaro, il procuratore di Civitavecchia, all’indomani della notizia dell’avvio di un’azione disciplinare da parte del ministro di grazia e giustizia Alfonso Bonafede nei confronti del PM che a suo tempo aveva condotto l’inchiesta, Alessandra D’Amore. Bonafede aveva parlato di indagini sommarie e superficiali.

La difesa della Procura

L’intervento del procuratore sarebbe stato motivato dalle notizie riportate da numerosi articoli di stampa nei quali viene ipotizzata l’inadeguatezza e l’incompletezza delle indagini svolte sul caso del 17enne.

Vardaro ha fatto chiarezza su alcuni aspetti: “Trenta minuti dopo il decesso gli ufficiali di polizia giudiziaria del Nucleo operativo della Compagnia dei Carabinieri di Civitavecchia si sono recati presso l’abitazione della famiglia Ciontoli, ove era stato esploso il colpo di pistola che aveva colpito Marco Vannini ed hanno effettuato un capillare sopralluogo, nel corso del quale sono stati sequestrati oggetti e indumenti, nonché un bossolo esploso e due pistole”.

Le fasi dell’indagine

L’indagine sarebbe poi proseguita con il sopralluogo del personale specializzato del Nucleo investigativo dei Carabinieri Ostia che ha proceduto al prelievo di sostanze ematiche rinvenute all’interno dell’immobile, poi trasmesse al RIS di Roma per le indagini di laboratorio. Subito dopo il decesso pertanto sono stati effettuati i rilevi necessari per l’accertamento dello stato dei luoghi”.

Le indagini ambientali

Secondo l’analisi di Vardaro non ci sarebbero stati né errori né manchevolezze. Immediati gli esami sui residui di polvere da sparo sia sul cadavere di Marco che sui vestiti delle persone presenti.

Tempestivo il decreto per intercettare le conversazioni di Antonio Ciontoli, dei figli e della fidanzata del figlio (tutti presenti nell’abitazione al momento dei fatti). Intercettazioni ambientali soprattutto nella stazione dei Carabinieri di Civitavecchia. E’ lì che i tre avevano risposto alle prime domande del pubblico ministero. “Sono state proprio queste intercettazioni a contribuire in maniera determinante all’accertamento dei fatti” dice Vardaro.

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Marco con la fidanzata – meteoweek

Una condanna a cinque anni

Vardaro illustra anche il quadro delle consulenze e delle perizie medico-legali e l’acquisizione dei tabulati telefonici. Sequestrate anche la registrazione di tutte le telefonate effettuate al 118 dai componenti della famiglia Ciontoli.

Elementi, secondo Vardaro, che costituirebbero il materiale che ha portato al rinvio a giudizio di Antonio Ciontoli con l’accusa di omicidio in un secondo momento disposto dal GUP.

La Corte d’Assise di Roma ha condannato in primo grado il solo capofamiglia Antonio Ciontoli per l’accusa di omicidio doloso. Sarebbe stato lui a sparare il colpo di pistola che uccise Marco Vannini. Una condanna al massimo della pena per un omicidio doloso, cinque anni. Una pena ritenuta tuttavia mite rispetto ai fatti mai completamente ricostruiti di quanto accadde quella sera.

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