Coronavirus, il mea culpa della Svezia: “Non abbiamo fatto abbastanza”

I contagi da coronavirus aumentano in Svezia, ma la proposta di legge che consentirebbe il lockdown ancora non arriva. Arriva però l’autocritica del premier. Se la situazione dovesse peggiorare, la patria del Welfare dovrebbe decidere chi curare.

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Premier svedese Stefan Löfven (foto di Jonathan Nakstrand, da Getty Images)

Coronavirus in Svezia: tarda ad arrivare l’annunciato progetto di legge per il lockdown. La legge consentirebbe al governo l’attribuzione di poteri eccezionali, che permetterebbero l’applicazione del lockdown. Intanto, però, arriva l’autocritica del premier svedese, il socialdemocratico Stefan Löfven. Alla luce dell’aumento dei contagi, il premier confessa a se stesso e alla nazione: “Non abbiamo fatto abbastanza“. Ma poi il premier tenta di rilanciare alla tv pubblica Svt: “Mi sembra ovvio che sotto tanti aspetti non abbiamo fatto abbastanza. È per questo che abbiamo adottato una strategia di sicurezza nazionale che ha a che fare con tutto, dall’approvvigionamento idrico alla sicurezza informatica”.

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Per quanto riguarda la legge, però, è ancora in fase di stallo. Si tratta della proposta di legge richiesta dalla costituzione per concedere al governo i poteri necessari per imporre un lockdown. Solo così, infatti, si potrebbe imporre la chiusura di bar, ristoranti e locali pubblici, e iniziare il processo di distanziamento sociale. Solo così la Svezia potrebbe imporre limiti alla mobilità, alla circolazione in strada, aerea e su rotaie. La promessa di una legge in tal senso era stata fatta circa dieci giorni fa. Lo scopo era di richiederne l’approvazione dal Riksdag, parlamento unicamerale. L’idea era anche di farlo in tempi brevi, prevedendo il raggiungimento dell’approvazione entro il 10 aprile. Ad oggi, però, la legge non è ancora pronta. Il lockdown non è stato imposto: restano aperti bar, ristoranti, installazioni sportive… Intanto il premier, dopo un iniziale mea culpa ha sottolineato anche le cose fatte: “Abbiamo anche cominciato a lavorare su una strategia che riguarda la struttura nazionale e la nostra difesa”. E poi ha evidenziato: grazie al senso civico dei cittadini, si è comunque compensata la mancanza di una decisione governativa. “Sono lieto che possiamo affidarci al grande senso di responsabilità dei nostri cittadini“.

Emergenza coronavirus, la Svezia peggiora

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(Foto di Anders Wiklund, da Getty Images)

In realtà, i numeri della Svezia non sembrano essere così generosi come le parole del premier. La Svezia è l’unico Stato nordico a non aver adottato il lockdown, a differenza di Islanda, Norvegia, Finlandia e Danimarca. E i numeri lo sottolineano: i contagi sono saliti in pochi giorni a 10151 su dieci milioni di abitanti e i decessi a 887. E se ne sono accorte anche Norvegia e Danimarca, che hanno chiuso le frontiere con la Svezia.

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A complicare la situazione, arriva l’annuncio delle autorità sanitarie: in caso di peggioramento del contagio, si dovrà decidere di non curare le persone sopra gli 80 anni e le persone dai 60 anni con altre patologie. Una decisione necessaria secondo il Karolinska Institutet (massima autorità scientifica nazionale). Una decisione da prendere per evitare un collasso completo e definitivo del sistema sanitario. Proprio l’Istituto ha affermato: “Se dovessero scarseggiare i posti in terapia intensiva, sarà necessario escludere dalle cure le persone dagli 80 anni di età in su e quelli tra i sessanta e settant’anni già colpiti da diverse patologie precedenti”. E ancora: “Se una persona viene colpita dal Covid 19 la decisione su ricovero e cura dovrà essere basata non solo sull’età anagrafica ma anche su quella biologica”.

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Il nuovo orientamento è legato, ancora una volta, a un fattore numerico: in Svezia sono disponibili 300 posti di terapia intensiva, e al momento ne sono rimasti solo 79. La Svezia, infatti, ha il minimo numero pro capite di posti in terapia intensiva di tutta l’Unione Europea.

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