Coronavirus, Marco Lavazza: “La filiera non si è fermata, ma in crisi sei imprese su dieci”

Anche se potrebbe non sembrare, la crisi economica portata dal coronavirus ha colpito anche il settore agroalimentare: a parlarne è Marco Lavazza in una recente intervista.

marco lavazza - crisi coronavirus

In una recente intervista concessa al Corriere della Sera, Marco Lavazza, vice presidente del gruppo Lavazza e presidente di Unione Italiana Food, ha illustrato gli effetti e le reazioni che il coronavirus ha scatenato all’interno dell’industria agroalimentare.

“L’emergenza coronavirus ci ha fatto riscoprire il valore di una delle migliori eccellenze italiane: l’industria alimentare. Con prodotti di alta qualità, sicuri e sempre disponibili. Caratteristiche che si sono rivelate fondamentali: abbiamo avuto fin dal principio la responsabilità di garantire a tutti l’accesso al cibo e finora tutto è andato nel migliore dei modi”, spiega al giornalisti del Corriere, specificando però la crisi a cui il settore è andato incontro è “senza precedenti“. “Ma sono certo che la nostra creatività ci aiuterà a reagire e ad adattarci”, ha comunque sottolineato Marco Lavazza.

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Intervista a Marco Lavazza: come l’azienda reagisce al coronavirus

La filiera agroalimentare non si è mai fermata, fin dal primissimo giorno di crisi. Esattamente come i medici e gli infermieri, i responsabili e gli addetti al settore non hanno mai smesso di lavorare per il bene del Paese. E a dimostralo sono stati anche i tassi di assenteismo da lavoro. Come spiegato da Marco Lavazza, infatti, “sette aziende su dieci (70,4%) hanno riscontrato variazioni nulle o marginali del tasso di assenteismo dei lavoratori durante l’emergenza. Un dato che sottolinea il senso di responsabilità degli addetti del comparto, ma anche il buon sistema di relazioni sindacali comune a tutte le aziende della nostra associazione”.

Ovviamente, tutte le attività lavorative sono continuate anche e soprattutto perché si è agito mettendo in sicurezza filiali e lavoratori. “Le aziende alimentari si sono dotate in tempi record dei dispositivi di protezione necessari, introducendo procedure mirate ad assicurare il distanziamento e ricorrendo laddove possibile allo smart working. È stato come sostituire le ruote ad un’auto in corsa“.

Un’auto in corsa che non ha mai potuto fermarsi, nemmeno per far rifornimento. Ma, per fortuna, di far rifornimento sembra non ce ne sia mai stato il bisogno. “Le scorte di magazzino hanno permesso alle aziende di riorganizzarsi e riprendere la produzione, e hanno aiutato a far fronte alla richiesta triplicata da parte soprattutto della grande distribuzione”. E la produzione, allora, ha potuto proseguire ai ritmi dettati dall’emergenza. Lavazza parla anche di casi in cui si è registrata qualche perdita, ma – sottolinea – “in ogni caso il sistema ha trovato il suo equilibrio, e riusciamo a garantire l’approvvigionamento di tutti i nostri prodotti“.

marco lavazza

Il fardello più grande: la chiusura di bar e ristoranti

Il vero fardello, uno dei più grandi ostacoli che ha mandato fuori strada l’auto in corsa, è tuttavia da riscontrarsi nella chiusura di bar e ristoranti. “Questa, purtroppo, è una nota dolente. C’è una sensazione diffusa secondo cui il reparto alimentare non sia stato colpito dalla crisi e che anzi ci abbia guadagnato. Non è così: sei imprese su dieci denunciano un calo di produzione e fatturato“, spiega Lavazza ai giornalisti del Corriere.

E prosegue: “Nonostante la crescita dei consumi alimentari domestici a marzo, anche aziende che hanno visto crescere fatturato e produzione hanno però dovuto sopportare un aumento dei costi delle materie prime o della logistica che inciderà negativamente sui bilanci. Dall’altra parte troviamo tutte quelle aziende che lavorano soprattutto sul canale del ‘fuori casa’ che hanno visto un calo netto delle vendite, che non potrà essere recuperato nei prossimi mesi”.

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Un panorama, indubbiamente poco positivo, che rischia tra l’altro di riproporsi anche nella Fase 2. Questo poiché, spiega concludendo Marco Lavazza, “molte aziende che anche hanno la possibilità di produrre, si troverebbero comunque private del loro sbocco naturale, ovvero tutto il comparto ‘fuori casa’. Questa parte della filiera ha bisogno di un grande supporto“. Ma per il momento, come sappiamo dalle disposizioni varate dal governo Conte, una possibile riapertura è prevista soltanto per il primo di giugno.

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