Silvia Romano, la liberazione: “Sto bene, riportatemi a casa”

Gli uomini dell’Aise, l’intelligence italiana all’estero, ha trovato Silvia Romano a trenta chilometri da Mogadiscio. Dalla fine di novembre si aveva la certezza che la ragazza fosse viva.

silvia romano

Quella della liberazione di Silvia Romano è stata la notizia più bella di questa prima parte di 2020, che finora è stato a dir poco funesto. L’attivista riportata in Italia diciotto mesi dopo il suo rapimento, è stata trovata ieri pomeriggio. A intervenire per portare in salvo la nostra connazionale sono stati gli uomini dell’Aise, la nostra intelligence all’estero. Il luogo in cui c’è stato il tanto atteso incontro si trova a 30 chilometri da Mogadiscio, in Somalia. Le sue prime parole sono state molto chiare e significative. “Sto bene, grazie. Riportatemi a casa”, ha detto Silvia Romano.

Silvia era stata rapita dagli uomini di Al Shabaab, il gruppo jihadista che ha prima aderito ad al Qaeda e poi giurato fedeltà ad Al Baghdadi. Ma l’operazione di intelligence che ha portato alla liberazione di Silvia Romano ha radici un po’ più profonde. Nelle scorse settimane, infatti, il capo dell’Aise Luciano Carte aveva mandato alcuni suoi uomini a Nairobi, in Kenya. L’intento era quello di gestire nel migliore dei modi la situazione, ottenendo anche alcuni feedback molto incoraggianti. Già alla fine di novembre, a Carta erano state date rassicurazioni sul fatto che Silvia Romano fosse ancora viva.

Leggi anche -> Disastro sul Ponte di Genova: gru trancia cavo elettrico

Leggi anche -> Palermo, la banca chiede 110mila euro a un noto pasticcere

silvia-romano
Silvia può tornare a sorridere – meteoweek.com

Questa sicurezza era legata a un video, in cui la nostra connazionale era ancora con i sequestratori, in buone condizioni di salute. Da qui è partito un lungo ed estenuante negoziato, per il quale è stato importante anche l’apporto della Turchia. I servizi segreti turchi, infatti, hanno condotto le danze insieme agli uomini dell’Aise fino ai giorni scorsi, in cui c’è stato l’incontro decisivo proprio a Mogadiscio. Una fonte vicina a chi ha seguito la trattativa, fa sapere che “i rapitori avevano tutto l’interesse a farla stare bene perché l’unico loro obiettivo era intascare più denaro possibile”.

Leggi anche -> Consiglio dei ministri: misure più stringenti sulle scarcerazioni

Che il sequestro di Silvia Romano avesse l’estorsione come unico scopo, non c’era di che dubitare. E non è da escludere che sia stato più di uno il “costo” della sua liberazione, visto che dal momento del suo rapimento la ragazza è passata per almeno tre covi diversi, con tanti sequestratori che l’hanno avuta tra le mani. Così, diciotto mesi dopo quel 20 novembre 2018, quando fu prelevata con forza dal villaggio di Chakama in Kenya, Silvia Romano ha visto la fine del suo incubo. Un incubo che l’ha vista anche stare poco bene alcuni mesi fa, ma per fortuna la situazione è migliorata senza grosse complicazioni.

E poi c’è il giorno dell’appuntamento, tra i rapitori e gli uomini dell’Aise. Un appuntamento stabilito tramite Gps e complicato dalla pioggia, caduta quasi per benedire questo momento cruciale. E nonostante la tensione che in quelle zone è piuttosto abituale così come i colpi di arma da fuoco che si sentono ogni giorno, tutto è andato come previsto. E Silvia Romano arriverà a Roma nelle prossime ore.

Impostazioni privacy