Coronavirus, Crisanti: “Ecco perché non diminuiscono i casi in Lombardia”

C’è troppa confusione nell’esecuzione e nella registrazione dei tamponi ha spiegato il virolgo Andrea Crisanti, il responsabile del Laboratorio di Padova.

Coronavirus, Crisanti: “Ecco perché non diminuiscono i casi in Lombardia” – meteoweek

I torni non contano: in Lombardia, quando si sottopone chiunque al test con il tampone, una volta su cinque quella persona è positiva, il 19%. Nessuno screening di massa, dunque: le analisi vengono fatte su soggetti che hanno un rischio concreto di aver contratto la Covid-19. Rapportando la percentuale al totale della popolazione, un milione e 900 mila lombardi sarebbero stati infettati dal virus. C’è qualcosa di profondamente spaventoso in questo. È evidente che in Lombardia, nonostante sia stata la prima regione a individuare un focolaio sul suo territorio, non si riesce ad allargare lo screening in modo da individuare sempre meno casi positivi. A detta di virologi, epidemiologi, scienziati e politici, in Lombardia il virus circola ancora, e parecchio. Cosa sta succedendo dunque in nord Italia? «Ci sono tre domande alle quali nessuna Regione riesce a rispondere in maniera organica e ci sarebbe, invece, un bisogno incredibile di risposte: data del tampone, data del risultato di quel tampone e soggetto a cui è stato effettuato il tampone. Se non si possiedono questi dati, non capisco come si possano prendere decisioni sulla base del rischio. Qualcuno mi deve spiegare come si calcola l’indice Rt se i tamponi sono confusi, relativi a giorni diversi di prelievo e analisi. Non è possibile, in queste condizioni, avere un indice di rischio affidabile», ha fatto sapere il virologo Andrea Crisanti, aggiungendo che potremmo avere un’estate piuttosto tranquilla. Il rischio è che il virus possa riapparire in autunno.

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«Penso che dovremmo avere un’estate relativamente tranquilla» ha detto Crisanti – meteoweek

Sui dati confusi della Lombardia aggiunge: «Il dato della Lombardia, ad oggi, è indecifrabile. Leggendo i bollettini, noi non possiamo sapere se i 402 casi sono tutti di ieri, oppure relativi a tamponi eseguiti una settimana fa e analizzati gli scorsi due, tre giorni. Non conoscere questi elementi non è solo una perdita per lo studio di questa epidemia: se i dati, quotidianamente, arrivano così confusi, nessuno può essere davvero consapevole di quello che decide, a ogni livello delle istituzioni». La domanda quindi da porsi è una sola: cosa sta davvero succedendo in Lombardia?

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