Svolta nel caso Elena Ceste, la difesa chiede la revisione del processo

Il team della Falco investigazioni di Lucca lavora da mesi per cercare elementi utili a presentare una richiesta di revisione per la condanna di Michele Buoninconti.

svolta nel caso elena ceste, la difesa pronta a riaprire il processo

Sembrerebbe esserci una svolta nel caso dell’omicidio di Elena Ceste, la 37enne trovata senza vita a Motta di Costiglione d’Asti nel lontano 2014 e per il quale venne arrestato il marito Michele Buoninconti e poi condannato a 30 anni di reclusione. Ebbene, Eugenio d’Orio, procuratore speciale di Buoninconti ha depositato una consulenza tecnica nella quale chiede l’accesso ad alcuni abiti ed indumenti intimi della Ceste, trovati a terra, nel cortile, il giorno della scomparsa, e che secondo la difesa “non sono stati attenzionati prima”. Tutto ciò per chiedere una revisione della condanna per omicidio premeditato e occultamento di cadavere, che il marito sta scontando nel carcere di Alghero. D’Orio ha anche chiesto di esaminare i campioni ritrovati dalla Scientifica all’interno delle auto usate dai famigliari di Buoninconti ed è fiducioso che da queste nuove analisi emergeranno preziose informazioni grazie alle quali potranno presentare richiesta di revisione del processo.

Il giallo di Elena Ceste, casalinga e mamma di Costiglione d’Asti, è iniziato il 24 gennaio 2014 quando la donna è scomparsa da casa. Suo marito Michele Buoninconti, che quella mattina era andato ad accompagnare i quattro figli a scuola, dichiarò di non averla più trovata al suo ritorno, ma tanti sin dal principio furono i misteri sul caso: secondo la sua versione, Elena sarebbe uscita in stato confusionale e si sarebbe allontanata a piedi completamente nuda, ma molti punti della sua ricostruzione risultavano poco chiari. Dopo mesi di ricerche il corpo della Ceste viene ritrovato cadavere in un canale di scolo nelle campagne vicino alla casa della donna e nel gennaio del 2015, un anno dopo la scomparsa, Michele Buoninconti viene arrestato dai carabinieri di Asti. Secondo il giudice, Buoninconti riteneva che Elena “fosse una moglie e una madre inadeguata; una donna infedele e inaffidabile, dedita a coltivare rapporti virtuali con il computer e, quindi, da raddrizzare”. Nel novembre 2015 arriva la sentenza che lo condanna al massimo della pena: 30 anni di reclusione per omicidio premeditato e occultamento di cadavere.

 

 

 

 

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