In questa crisi di governo manca la politica (e il rapporto con la realtà)

Proseguono le consultazioni al Quirinale, durante le quali il presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontrerà i rappresentanti dei gruppi parlamentari per fare il punto sulla crisi di governo e ascoltare le loro diverse posizioni (oltre al nome di un eventuale candidato premier). Intanto incalzano le dichiarazioni di apertura e di chiusura: Italia viva dice di non porre veti ma Matteo Renzi lancia un duro attacco alla caccia dei responsabili di questi giorni; Conte prosegue nella conta; il centrodestra cambia strategia. Ma in mezzo a tutto questo, c’è poca politica e poco senso della realtà.

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Il secondo giorno di consultazioni al Quirinale apre un’altra tornata di dichiarazioni sulla crisi di governo, aperture e chiusure, strategie malleabili per far tornare i conti. Nel pomeriggio sono attesi al Colle i gruppi di Pd, Italia viva e LeU. Dovranno riferire sullo stato della crisi e fornire il nome di un eventuale candidato premier. Il Pd continua a sostenere la linea iniziale: il nome è quello di Giuseppe Conte. Mentre Italia viva dice di non voler porre veti sul nome di Conte ma anche di non volerlo blindare ad ogni costo, ci sono altre opzioni. Intanto però Matteo Renzi pubblica su Facebook in lungo parere sull’attuale stato della crisi, bollando la ricerca dei responsabili come un “autentico scandalo“. Dall’altro lato Giuseppe Conte prosegue la caccia ai responsabili, soprattutto per creare un fronte più solido per arginare l’influenza di Italia viva in caso di una riappacificazione (che al momento sembra improbabile).

La caccia ai responsabili

La strada per risolvere la crisi di governo con un Conte ter si fa sempre più in salita, soprattutto a seguito della marcia indietro del senatore forzista Vitali che, dopo aver fornito il proprio appoggio a Conte, decide ora di tornare al partito di appartenenza, al Cavaliere. A fargli cambiare idea, la chiamata di Berlusconi, che – stando a quanto riportato dal senatore sul Corriere – gli avrebbe ricordato il passato politico insieme. Poi la chiamata di Matteo Salvini, che invece gli ha fatto notare: “Ma cosa vai a fare lì? Hai visto che io ho aperto su giustizia e fisco?“. Così la soglia dei 161 senatori si allontana sempre più, una soglia che tra l’altro sarebbe già risicata: le commissioni avrebbero bisogno di una maggioranza ancor più solida per funzionare al meglio. Ma Conte non si arrende, cerca di prendere in mano questa crisi di governo e, attraverso Bettini e altri collaboratori, cerca di compattare un proprio gruppo per ottenere un reincarico. A quel punto, se riuscirà a uscire indenne dal primo giro di consultazioni, si aprirà la vera partita con Renzi. Secondo un ministro dem – riportato dal Corriere –  “il tema adesso è non farsi umiliare da Matteo. Conte deve riuscire a renderlo numericamente irrilevante”. Verrebbe da dire che il tema non dovrebbero essere umiliazioni e ripicche personali, ma la creazione di un governo stabile e determinato, ma ci arriviamo.

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Renzi prende tempo ma non abbassa i toni

Intanto Matteo Renzi ieri ha postato un video su Facebook in cui sembra anticipare i temi che porrà nella giornata di oggi a Mattarella: “Mentre in Parlamento assistiamo a un autentico scandalo, al tentativo di far passare delle persone non su un’idea ma su una gestione opaca delle relazioni personali e istituzionali e assistiamo alla creazione di gruppi improvvisati, noi siamo qui a dire che, grazie a Teresa, Elena e Ivan, abbiamo rinunciato alle nostre poltrone“. Su questo piano Matteo Renzi potrebbe giocare le sue carte per passare in vantaggio nella crisi di governo: tagliare le gambe a Conte chiedendo a Mattarella di tagliare il tempo della caccia ai responsabili. Nel frattempo parlando ai parlamentari ricorda gli impegni dell’Italia: “E’ chiaro a tutti che fare le elezioni adesso, con il Recovery plan da ultimare e presentare in Europa, e con un presidente della Repubblica da eleggere il prossimo anno, sarebbe un azzardo troppo grande. Quello sì che sarebbe un danno all’Italia, non la crisi che abbiamo aperto e che può diventare una grande opportunità“. Ma ricorda gli impegni passando accanto alla questione: ancora una volta si parla di strategie, di voto sì voto voto no, mentre quel “danno all’Italia” rimane sullo sfondo, un argomento per indirizzare le proprie mosse.

Il centrodestra cambia tattica

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Infine il centrodestra, che probabilmente si sta aprendo alle condizioni di Silvio Berlusconi: si va compatti, ma bisogna allentare la tattica “o voto o morte”. Infatti Matteo Salvini ufficializza la sterzata: “La prima opzione che portiamo al Colle venerdì alle consultazioni è il voto, ma non è l’unica…”. Una posizione in contrasto con quella del leader di Fdi Giorgia Meloni (che al momento resta sulla linea dura), ma è anche una posizione che sembra allinearsi con le idee di Silvio Berlusconi, che già da diversi giorni ribadisce: o voto o governo di unità nazionale. In ogni caso il centrodestra rimane compatto su un punto: Conte deve andare via. Dopodiché si vedrà quale sfumatura assumere, e si cercherà di optare per lo scenario più conveniente. Probabilmente, senza Conte, anche l’attuale maggioranza dovrà trovare un ricollocamento diverso. Salvini attualmente sosterrebbe l’opzione di un esecutivo a guida centrodestra, mentre i berlusconiani potrebbero ammiccare alla famosa maggioranza Ursula. Fatto sta che, di nuovo, i numeri il centrodestra in Parlamento non li ha. Molto probabilmente otterrebbe la maggioranza se si andasse a votare ora, ma non è stato così nelle ultime elezioni. E i seggi in Parlamento rispecchiano di quella espressione elettorale. Per superare la crisi di governo con questi numeri, si dovrebbero creare larghe intese nelle quali, però, probabilmente ogni forza politica farebbe risuonare la sua voce in vista delle elezioni. Quale occasione migliore per il centrodestra.

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Intanto, i provvedimenti stagnano

Nel frattempo l’assenza di un governo stabile sta già dando i suoi frutti (avvelenati) nelle commissioni parlamentari. Un fatto che dovrebbe fungere da monito per tutte le forze politiche che continuano a sostenere che l’attuale maggioranza possa recuperare il suo corso come se niente fosse. Nelle commissioni iniziano già a stagnare le norme per l’assegno unico per alleggerire il fisco sui figli a carico, norme che sono soltanto il primo passo della riforma dell’Irpef. Un progetto di riforma che dovrebbe realizzarsi nel corso dell’anno. Per quanto riguarda la proroga della Cig, non dovrebbero esserci problemi, dovrebbe arrivare con il Dl Ristori 5. Ma l’Italia potrebbe incappare in un ulteriore problema: il blocco dei licenziamenti. Il blocco scade a marzo, ed è necessario trovare una quadra tra gli interessi contrastanti di sindacati e imprenditori. Segue la nuova legge di elettorale, che resta ferma nella prima commissione alla Camera e non sembra accennare a smuoversi. Motivo per cui fanno sorridere le incitazioni al ritorno al voto: lo si vuole fare con una legge elettorale ancora imperfetta (visto il taglio dei parlamentari), rischiando di tornare a punto e a capo. Poi c’è la riforma della giustizia penale e civile, in attesa nelle commissioni competenti del Senato.

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Senza contare l’elefante nella stanza: il Recovery plan. Insomma, la sfida è immensa, e non richiede equilibri politici sottili e incollati da intenzioni precarie: richiede una visione di futuro, ora. Quelli del Recovery non sono solamente soldi a fondo perduto, ma sono soldi presi a debito, che dovranno “ripagarsi da soli”. Questa visione del futuro c’era, nella bozza consegnata dall’attuale maggioranza? No. Mancavano le riforme e i dettagli dei progetti inseriti. Mancava un progetto strutturale di restauro dell’Italia. Per farlo, però, sono necessarie posizioni forti, che siano in grado di smuovere lo status quo: fare delle scelte di futuro vuol dire, inevitabilmente, crearsi dei nemici. Tutto il contrario di quello che sta accadendo con la caccia ai responsabili. Che fare, allora? Se la politica proseguirà senza politica e senza senso della realtà, si apriranno due vie: i soldi verranno sperperati per accontentare un po’ tutti coloro che si sono resi disponibili per ricreare la tanto agognata stabilità; oppure la politica senza politica getterà la maschera, alzerà le mani, e a quel punto il governo tecnico non sarà che una chiara incarnazione dello stato di cose, dello svuotamento del discorso politico.

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