Cellulari di reporter e attivisti spiati dai governi: c’è di mezzo anche Orbán

Usato il software Pegasus, come con Kashoggi. Anche gli attivisti per i diritti umani nel mirino dei governi autoritari. La replica di Budapest.

Ufficialmente Pegasus, un programma di spionaggio elettronico elaborato dall’azienda israeliana Nso, è stato venduto soltanto ad agenzie dell’intelligence e forze armate di nazioni straniere al solo scopo di combattere terrorismo e criminalità. Il suo nome evoca il cavallo alato della mitologia greca, ma in questo caso vola negli angoli oscuri del web per rubare informazioni dai telefonini di ignari utenti. Come riportato da la Repubblica, una soffiata proveniente da fonti anonime ha fatto pervenire al Guardian, al Washington Post e a una dozzina di altre testate internazionali una lista di 50 mila potenziali bersagli, tra cui giornalisti, dissidenti, attivisti dei diritti umani e politici, i cui cellulari avrebbero potuto essere infettati da dittatori e autocrati della terra per leggerne clandestinamente tutti i dati. Il sistema è in grado di penetrare telefonate, email e ogni altro tipo di dati salvati su un cellulare. “La nostra missione è salvare vite”, afferma un comunicato della israeliana Nso, affermando che i contratti di clienti responsabili di abusi verranno rescissi.

Quarantacinque Paesi su quattro continenti sarebbero finiti sotto lo zoccolo del cavallo alato digitale. La lista è stata fornita a Forbidden Stories, un’organizzazione giornalistica senza fini di lucro con base a Parigi, e ad Amnesty International, che l’hanno esaminata per giudicarne la credibilità prima di condividerla con un certo numero di testate.

LEGGI ANCHE: Caos diplomatico tra Afghanistan e Pakistan: Kabul richiama in patria il suo ambasciatore

Tra i governi accusati di avere utilizzato il sofisticato programma per fini illeciti sembra esserci anche quello ungherese di Victor Orbán, che avrebbe usato la tecnologia sviluppata dal gruppo Nso nell’ambito della sua guerra ai media nazionali, prendendo di mira giornalisti e manager di giornali indipendenti, anche se Budapest smentisce. In tutto, i governi di dieci paesi sono sospettati di avere abusato degli accordi con Israele per l’uso di Pegasus: Emirati Arabi, Azerbaijan, Bahrain, Ungheria, India, Kazakhstan, Messico, Marocco, Ruanda, e Arabia Saudita. Quello che sembra avere usato di più il programma è il Messico, con 15 mila dei 50 numeri telefonici dell’elenco sotto osservazione, seguito da Marocco e Emirati Arabi con 10 mila ciascuno.

LEGGI ANCHE: Drammatico bilancio in Belgio: continuano a salire i decessi a causa del maltempo, centinaia ancora i dispersi

Tra le persone citate nell’elenco figurano collaboratori e amici di Jamal Kashoggi, il giornalista saudita assassinato a Istanbul dai sicari di Riad, Roula Khalaf, prima donna nominata direttore del Financial Times; e Cecilio Pineda Birto, un giornalista messicano assassinato poche settimane dopo che il suo telefono era stato messo sotto controllo.Nella lista appaiono inoltre la pluripremiata giornalista investigativa azera Khadija Ismaylova, che ha riportato per anni sulla corruzione che circonda l’autocratico presidente dell’Azerbaijan, Ilham Aliyev, al potere dal 2003; il giornalista investigativo americano Bradley Hope, che vive a Londra e ha lavorato per il Wall Street Journal, da dove ha investigato la corruzione in Malesia e negli Emirati Arabi Uniti; i giornalisti indiani Siddarth Varadajan e Paranjoy Guha Thakurta, che hanno indagato il governo nazionalista di Narendra Modi per come ha sfruttato Facebook per diffondere la disinformazione.

Impostazioni privacy