Modella stuprata da fotografo sul set:«Attendo giustizia da 3 anni»

L’uomo l’aveva ingannata dandole un nome falso. L’inchiesta della Procura non è mai decollata. La ragazza:«Mi avevano detto che in 6 mesi avrei avuto giustizia, ma nulla»

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Una modella di 24 anni ha subìto uno stupro da parte di un fotografo sul set e non ha mai avuto giustizia. La vicenda risale a tre anni fa, quando la ragazza aveva fatto i primi passi come modella di nudo artistico ed erotico. Dapprima il fotografo le aveva fatto indossare un vestito rosso molto attillato, in una seconda foto, la ragazza aveva una canottiera forata in vita e all’ultimo scatto era senza vestiti. Ma poi c’è stato il buio e l’uomo l’ha stuprata.

«Il set è iniziato come tanti, il luogo scelto era un bosco appena fuori Mestre», dice Sofia Mainenti, veronese di origini. «Non mi sono sentita a mio agio fin dalle prime pose, ma quando il fotografo mi ha violentato non sono riuscita a reagire, sono rimasta paralizzata».

A tre anni di distanza dalla denuncia, l’inchiesta si è mossa in modo lento.«Quando abbiamo organizzato il set, il fotografo si era presentato con un nome falso, dopo la mia denuncia le forze dell’ordine si sono limitate a cercare il nome vero, ma poi la cosa si è fermata là».

Sofia racconta ancora:«Quando ho fatto la denuncia ho fornito il numero telefonico del fotografo, ho fatto una descrizione accurata della persona, ho dato gli account di Instagram attraverso cui mi aveva contattata e ho raccontato tutta la vicenda allegando anche le foto che mi aveva fatto tranne quelle della violenza che lui non ha mai voluto consegnarmi. Io ero alle prime esperienze come modella e non sapevo nemmeno che esistessero i centri antiviolenza a cui chiedere consigli. Nessuno mi ha aiutato in nessun modo».

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La modella ha anche inserito nella denuncia gli screenshot delle chat in cui il fotografo le proponeva di pagare le foto scaturite dalla violenza, ma neppure questo avrebbe avuto effetto sull’inchiesta. «L’aggressione è avvenuta a settembre del 2018, la denuncia con richiesta di sequestro delle foto pornografiche è del dicembre dello stesso anno. Mi era stato detto che in sei mesi avrei avuto giustizia. A distanza di tre anni sono stata lasciata completamente sola, soffro continuamente di incubi e ho l’impressione che nessuno voglia credermi. Ora voglio un tribunale e voglio che un giudice mi dica che quello che mi è accaduto è una cosa reale. Mi sento pazza da troppo tempo e so di non esserlo».

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Sofia racconta che quel pomeriggio era salita in auto col fotografo dopo un contatto su Instagram e poi aver parlato con lui tramite telefono. Prima di cominciare i due avevano parlato del genere di foto che avrebbero fatto e posto limiti da non oltrepassare.

«Dopo una serie di foto vedo non vedo, mi sono accorta che si stava eccitando quindi ho chiesto di fare una pausa. A quel punto lui ha iniziato a chiedere pose più esplicite e poi ha iniziato a toccarmi insistentemente continuando a scattare fotografie delle mie parti intime. Ho iniziato a piangere ma poi ho cercato di non farmi notare perché avevo paura che lui potesse reagire male e che la situazione peggiorasse ancora».

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Dopo lo stupro Sofia non ha proferito parola e si è fatta riportare in stazione, a Mestre, poi è andata a casa. Lì ha ripensato a quello che le era stato fatto e solo 3 mesi dopo ha trovato la forza di denunciare. E a distanza di tre anni, non ha ancora avuto giustizia.

 

 

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