Il coronavirus in Africa è un’emergenza mondiale senza precedenti

Ecco perché i virologi e l’Organizzazione Mondiale della Sanità temevano che la malattia potesse arrivare nell’Africa subsahariana e quali possono essere le sue implicazioni.

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Notizia attesa

Purtroppo non si può dire che la notizia non fosse attesa. Ne aveva parlato anche l’organizzazione mondiale della sanità con l’intervento del suo delegato in Cina Bruce Aylward che qualche giorno fa si era detto realista e non ottimista su questa eventualità: “I rapporti tra la Cina e numerosi paesi africani sono talmente solidi e quotidiani che c’è da aspettarsi prima poi un focolaio. È solo una questione di tempo. Il vero problema sarà poi spiegare al mondo che questo problema non riguarda soltanto l’Africa ma tutto il pianeta e che potrebbe avere conseguenze molto serie anche per gli anni a venire”.

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La previsione dell’OMS

La frase di Aylward non è semplice allarmismo. Si riferisce a una situazione di crisi sanitaria generale che riguarda l’Africa da sempre e che diventa critica ogni qualvolta si presenta una qualche malattia virale. È stato così per la SARS, è stato così per l’AIDS – che è ancora una delle malattie più diffuse di tutto il continente soprattutto tra i bambini – ma è ancora così soprattutto per l’ebola che è stato messo sotto controllo in quasi tutto il pianeta tranne che in Africa dove si registra ancora una mortalità del 50%. I paesi più colpiti dall’Ebola, in questo momento, sono proprio la Nigeria, il Congo, l’Angola, Il Ciad.

Un contesto fragilissimo

Il coronavirus arriva dunque in un contesto estremamente difficile è facilissimo dove far fronte a qualsiasi allarme virale è un’emergenza globale. Paradossalmente, stando alle ultime notizie, stavolta il coronavirus non è stato portato in Nigeria dalla Cina, ma da un italiano, che è ricoverato a Lagos in isolamento da tre giorni. In Nigeria, tuttavia, sono decine le aziende cinesi attive. Tutti più grandi centri commerciali del paese sono di proprietà cinese così come strettissimi sono i rapporti tra i due paesi sotto l’aspetto di investimenti e attività commerciali.

La Cina in Africa

La comunità cinese in Africa, costituita soprattutto da manager, professionisti e investitori, è enorme. Purtroppo quello che manca è il controllo: prima che i protocolli di emergenza per verificare l’eventuale positività di visitatori nel continente africano possano scattare ci vorranno settimane. In alcuni paesi, di fatto, questi controlli non esistono per malattie che sono ben note da almeno trent’anni. Come ad esempio la malaria. Difficile pensare che senza un aiuto consistente da parte dei paesi più industrializzati e dell’organizzazione mondiale della sanità l’Africa possa far fronte a questa emergenza che in poco tempo potrebbe diventare dilagante.

Un’emergenza nell’emergenza

Ora è solo questione di capire se e come il coronavirus si diffonderà in Nigeria, che è uno dei paesi più popolosi del continente e nel resto dell’Africa. Di sicuro la mancanza di strutture, non solo sanitarie, è un ulteriore punto debole. In molti paesi manca un censimento delle persone. Non si sa chi nasce, chi muore, che si trasferisce e dove. Gli ultimi cambiamenti climatici hanno portato a una drammatica transumanza di interi villaggi da un angolo all’altro del continente alla ricerca di acqua e cibo. Tutto questo non è traccia abile e spesso non è nemmeno prevedibile.

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Il China Commercial City di Ojota, Lagos (Photo by PIUS UTOMI EKPEI/AFP via Getty Images)

Ipotesi preoccupanti

Il coronavirus in Africa, considerando la sua altissima capacità infetti e la scarsa possibilità di difesa del continente da un punto di vista sanitario e strutturale, potrebbe avere effetti devastanti, di gran lunga superiori a quelli registrati in Cina.

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