Coronavirus, a Bergamo non bastano le camere mortuarie

Coronavirus, a Bergamo non c’è più posto nelle camere mortuarie. Pronti a collocare le salme in chiesa.

coronavirus bergamo morti
(Foto di Luis Ascui, da Getty Images)

A Bergamo si raggiungono le 142 vittime di coronavirus nel giro di 18 giorni. Le morti aumentano nel silenzio di una città bloccata: traffico controllato, bar e locali chiusi, aperti solo supermercati e farmacie. E’ l’effetto dello stop nazionale imposto dal Governo Conte, ancora più aspro nelle zone maggiormente colpite dal virus. Ad aggravare la situazione c’è una sanità al collasso, la stanchezza del personale ospedaliero e l’ingente numero di morti. Paolo Agnelli, fondatore e presidente di Confimi Industria, parla senza mezzi termini: “Questa è una guerra da vincere. Fermiamoci e poi vedremo di ripartire, come fosse un dopoguerra, ma ora fermiamoci, è l’unica cosa da fare”. Ad arrivare negli ospedali di Bergamo ci sono anche malati provenienti dalla provincia, in cerca di un’assistenza sanitaria adeguata. Ma Bergamo non ce la fa più, e anche le camere mortuarie sono giunte a saturazione, anche quella del cimitero cittadino.

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Prima della cremazione è stato anche aperto il Tempio di Ognissanti, la moderna chiesa del cimitero, per accogliere i feretri. La media delle morti sale vertiginosamente. In tempi non sospetti in una giornata di marzo si sarebbero registrati 4-5 decessi. Ora il numero sale a 20. A Zogno il parroco ha deciso di suonare una sola volta le campane a morto. Una volta per tutti, per evitare di suonare la campana tutto il giorno.

Come si è giunti al collasso del sistema sanitario

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(Foto di Luis Ascui, da Getty Images)

E’ probabile che una delle cause di questa crisi ospedaliera sia la sottovalutazione dell’emergenza. Da una ricostruzione del Corriere della Sera, sembrerebbe, infatti, che alcuni pazienti affetti da coronavirus si siano recati negli ospedali del bergamasco già prima dell’esplosione dell’allarme di Codogno (21 febbraio). Dopo il caso di Codogno, è nell’ospedale di Alzano che sono spuntati i primi casi ufficiali di contagio, data 23 febbraio. Ora, grazie a una ricostruzione a posteriori, emerge una realtà: i primi casi di coronavirus ad Alzano sembrano addirittura paralleli o anteriori al focolaio nella bassa bergamasca.

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In sostanza i sintomi sono iniziati prima o in contemporanea, ma i risultati dei tamponi sono arrivati dopo giorni. Ma poco importa, ora, se si siano sviluppati più focolai contemporaneamente, o se l’infezione fosse sfuggita di mano già prima di Codogno. In 18 giorni sono morte 142 persone, quasi 10 al giorno. Ora la situazione drammatica richiede un’attenzione tutta focalizzata al contenimento, per evitare scenari ancor più tragici.

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