Abbandonata a 9 mesi vicino all’aeroporto, oggi 26enne chiede la verità

Era il 19 settembre 1994 quando la piccola Emilie fu ritrovata vicino ad una cabina telefonica all’eroporto di Orly. Oggi vorrebbe incontrare i suoi genitori e capire cosa successe quel giorno, per questo ha gettato una bottiglia in mare raccontando la sua storia.

Ci sono tanti posti da cui Emilie (nome che le diedero gli agenti quando la trovarono) potrebbe arrivare. L’India per la pelle d’ambra, lo Sri Lanka per gli immensi occhi neri, dalla Francia per i lineamenti morbidi e la bocca carnosa. Non può saperlo con certezza. . Sull’atto di nascita c’è solo una data inventata e un luogo tirato a indovinare. Il medico che la visitò per primo dopo che un’impiegata la trovò abbandonata all’aeroporto di Orly, vicino a una cabina telefonica, stabilì che la piccola aveva nove mesi: la data quindi che si scelse fu il 19 dicembre 1993. Oggi Emilie vorrebbe sapere la verità e nonostante abbia ricevuto tutto l’amore di cui aveva bisogno dalla sua famiglia, vorrebbe conoscere la mamma che la portò in grembo per 9 mesi. “Non provo nessun rancore per nessuno, al contrario penso che lasciarmi vicino a quella cabina telefonica sia stato un grande atto d’amore, per salvarmi da qualcosa dice oggi Emilie, splendida 26 enne, impiegata in una catena di alberghi di lusso a Aix en Provence – Vorrei solo sapere, perché la mia vita non sia un castello senza fondamenta”. Sono passati 25 anni da quando Emilie  Mandom fu adottata da  Monique e Philippe Mandom.

Così, il 16 aprile, nel mezzo del lockdown, Emilie ha deciso di gettare una bottiglia in mare postando un messaggio via facebook. Un corto riassunto della sua storia, quattro foto e un appello: “Sono sicura che da qualche parte, qualcuno sa, aiutatemi, voglio solo sapere la verità, avere delle risposte per costruirmi, il mistero sulle mie origini rimbomba negli abissi della mia immaginazione”. La sua storia che 26 anni fa si ridusse a un trafiletto nelle cronache locali è arrivata sulle prime pagine e addirittura sul Times. Tutti vorrebbero aiutarla.
Nelle foto, tutto quello che resta della sua vita di neonata: un passeggino grigio, una trapunta di Hello Kitty. Quel giorno fu trovata da Isabelle Chakir, oggi 45 anni, che la vide sola, su quel passeggino, davanti a una cabina telefonica, al Terminal Ovest dell’aeroporto parigino di Orly. La bimba era tranquilla, sorridente, con la sua copertina, e una borsa con il biberon il talco ma nessuno tornò a prenderla.

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I genitori di Emilie sostengono il suo sogno

“Mi sorrideva, voleva giocare, non aveva per niente l’aria traumatizzata, né sembrava essere stata abbandonata” racconta oggi Isabelle. Emilie l’ha cercata quando il suo nome è apparso sull’atto di nascita. “Non avevo mai smesso di pensare a lei racconta Isabelle l’ho riconosciuta subito, stessi occhi, stesso sorriso, è stata un’emozione indescrivibile”. Monique e Philippe hanno sostenuto da subito il desiderio di Emilie di ritrovare i suoi genitori. “Non cerco l’amore, non cerco soldi o un’altra famiglia ripete Emilie ai giornalisti. Ho solo bisogno di capire che cosa è accaduto. Fin da piccola, e nonostante l’amore dei miei, ho sempre sentito un vuoto. Avevo 12 o 13 anni quando una delle mie cugine ebbe un bambino. Con mamma andammo alla maternità, ma io non riuscii a entrare. Capii per la prima volta quel pezzo che mi mancava. Come sono nata?”.
Nel 2017, quando decise di cominciare a cercare, scoprì che la polizia abbandonò il caso sei mesi dopo. Dalle telecamere di sorveglianza, niente. Emilie è cresciuta senza problemi con la sua nuova famiglia, un fratello, Antoine, anche lui adottato che è arrivato quando lei aveva due anni. “Sono diversi i posti in cui sono stata e in cui la gente credeva fossi nata: la Riunione, l’India, la Thailandia…”. Una ricerca genetica conferma le diverse possibilità: 50 per cento indiana, 50 per cento europea. “Una sola volta ho sognato mia madre: era vestita da astronauta…”, conclude infine Emilie piena di speranza.

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