L’assurda censura di De Luca ai medici campani: non parlate con i giornalisti!

Risale ai primi di ottobre la notizia del “divieto” imposto dall’amministrazione regionale campana ai medici: non potete parlare con i giornalisti.

Erano i primi giorni di ottobre quando uscì la notizia: i medici in Campania (insieme ai dirigenti sanitari) non possono più parlare con la stampa. Una direttiva emanata direttamente dalla Regione, e quindi dai suoi vertici, a partire dal presidente De Luca. Le informazioni sullo stato della sanità campana, sulla gestione della pandemia, sulle condizioni degli ospedali da quel momento arrivano soltanto da parte dell’Unità di Crisi regionale, l’unico referente per la stampa, che concede eventualmente l’autorizzazione a medici e dirigenti per rispondere alle domande dei giornalisti. Ma l’idea che ha animato l’amministrazione della Regione Campania è quella di demandare la divulgazione delle notizie sltanto ad un referente unico e gestibile. Quando la notizia fu diffusa esplose la polemica, naturalmente: perchè è veramente difficile non configurare questa decisione dell’amministrazione regionale campana come un vero e proprio bavaglio all’informazione, una censura, uno schiaffo alla trasparenza che invece è molto importante garantire sopratutto in momenti di crisi come questo. Il provvedimento della Regione che impedisce a medici e dirigenti della sanità pubblica di parlare con la stampa è inaccettabile” tuonò il  presidente dell’ordine dei Giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli, “così come la decisione di allontanare il Tgr Campania e altre testate dall’area da mesi riservata nei pressi dell’ospedale Cotugno” . Si, perchè l’ordinanza di De Luca ha anche avuto questo effetto: la smobilitazione della postazione Rai, cioè il Servizio Pubblico Nazionale, dall’ospedale dove stazionava da marzo.

Una risposta che non convince

Al montare della polemica ci fu anche la risposta dell’Unità di Crisi, e quindi anche dell’amministrazione De Luca: “In relazione alle richieste di informazioni sulla situazione sanitaria in Campania, e sul lavoro che vede impegnati ogni giorno con straordinario senso di responsabilità centinaia di medici e operatori, al fine di evitare strumentalizzazioni, si chiarisce che non vi è alcun bavaglio e nessuna limitazione del diritto di cronaca. In questa fase delicata, vi è solo la necessità di garantire, nella massima trasparenza, notizie oggettive, non distorte e tali da produrre ingiustificati allarmismi, e sempre rispondenti alla realtà. Per questo motivo, avendo lo scenario regionale sempre aggiornato, è l’Unità di Crisi a poter offrire questa garanzia, a vantaggio della verità e di tutti gli operatori della informazione”. Una risposta che – a nostro giudizio – non giustifica e non alleggerisce la portata della decisione presa che va a limitare fortemente il diritto fondamentale dei giornalisti di informare, e dei cittadini di essere informati. Viene il sospetto che una scelta del genere possa nascere dalla volontà di impedire la conoscenza delle grandi difficoltà che incontra la sanità pubblica in Campania che, nonostante fosse noto a tutti l’arrivo della seconda ondata, e nonostante fosse stata tutto sommato moderatamente colpita –  come tutto il centro-sud dalla prima – non sembra essersi attrezzata nel modo migliore per gestire i numeri attuali del contagio. Nonostante la decisione, incredibile per tanti addetti ai lavori, a partire dal sindaco di Napoli De Magistris, di porre la Campania in zona gialla.

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E come mai, si chiederanno i nostri lettori, Meteoweek torna su una notizia di inizio ottobre?

Per tre motivi: il primo è che – a fronte degli avvenimenti delle ultime settimane, con l’esplosione del contagio e i nuovi provvedimenti del governo che riguardano anche la Campania – ci sembra incredibile che ancora sia in vigore una direttiva del genere.  Il secondo è che abbiamo sperimentato anche noi, direttamente, cosa significa questi tipo di censura: siamo stati contattati da un gruppo di medici che volevano raccontare di una iniziativa sociale. Una volta preparato il servizio, abbiamo ricevuto dai nostri stessi interlocutori la richiesta di non pubblicare nulla, proprio per l’esistenza di quella direttiva di cui non sapevano l’esistenza. E quindi un argomento interessante e certamente meritevole di divulgazione non arriverà ai lettori, magari interessati dal tema. Il terzo motivo fa riferimento al nostro lavoro di giornalisti: esistiamo per permettere alle notizie ed alle opinioni di diffondersi. E’ impossibile pertanto non trovare inaccettabile qualsiasi forma di censura alla libertà d’informazione.

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