Fiducia al Senato: il premier Conte raggiunge solo la maggioranza relativa

Martedì 19 gennaio si è svolta la partita politica decisiva: quella nell’Aula del Senato, dove il premier Conte ha chiesto la fiducia.

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Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, nell’Aula del Senato della Repubblica. Credit: Giuseppe Conte Facebook

Si è conclusa la partita decisiva per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ed è terminata con 156 sì, 140 no e 16 astenuti. Due senatori di Forza Italia – che verranno cacciati dal partito – hanno deciso all’ultimo di sostenere Conte. Il premier aveva ottenuto la fiducia con la maggioranza assoluta e 321 sì alla Camera dei Deputati ieri, lunedì 18 gennaio. Oggi, martedì 19 gennaio, doveva confermare nell’Aula del Senato della Repubblica lo stesso risultato per garantire la stabilità del suo esecutivo. Una maggioranza assoluta, o perlomeno una – larga – maggioranza relativa.

Le comunicazioni di Conte

La giornata di fuoco del premier è iniziata con le sue comunicazioni in Aula. Durante il suo intervento l’avvocato del popolo ha ribadito gli stessi concetti espressi alla Camera e ha confermato la rottura definitiva con Italia Viva, anche se implicitamente. È molto complicato governare con chi dissemina mine, ha detto Conte. Con chi, ha continuato, “ti accusa di immobilismo e di correre troppo, di non decidere e di decidere troppo: è davvero difficile governare in queste condizioni”. Nel suo discorso il presidente del Consiglio ha risposto le accuse rivoltegli da Matteo Renzi, leader di Italia viva: dalle opere bloccate al sistema elettorale proporzionale, passando per il rapporto tra Stato e Regioni. L’intervento del premier Conte è durato poco più di un’ora, e si è concluso con l’ennesimo appello “a chi ha a cuore l’Italia” di sostenere il governo.

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Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, nell’Aula del Senato della Repubblica. Credit: Senato WebTv

L’intervento di Renzi

La risposta di Renzi si è fatta attendere quasi 7 ore, ma alla fine è arrivata. Ed è stata completamente differente dalla linea comunicativa adottata da Italia viva nelle ultime settimane. Se fino a ieri il leader del partito manteneva uno spiraglio aperto per Conte – per continuare a stare nella maggioranza – oggi il senatore si è scatenato. L’attacco al presidente del Consiglio è stato durissimo. “Signor presidente – ha iniziato – se lei parla di crisi incomprensibile, le spiego le ragioni che hanno portato la nostra esperienza al termine. Non è il governo più bello del mondo: pensiamo ci sia bisogno di un governo più forte, non pensiamo possa bastare la narrazione degli altri paesi ci copiano. Non è stata aperta ancora una crisi istituzionale perché lei non si è dimesso.

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Matteo Renzi, leader di Italia viva, nell’Aula del Senato della Repubblica. Credit: Senato WebTv

Le mancate dimissioni di Conte sono state uno dei perni del discorso dell’ex sindaco di Firenze. Infatti ha ribadito al premier: Lei ha avuto paura di salire al Colle perché ha scelto un arrocco che spero sia utile per lei ma credo sia dannoso per le istituzioni. La crisi istituzionale non è aperta ma l’Italia vive una crisi sanitaria ed economica”. L’ex segretario del Pd ha poi fatto riferimento al Mes e ha provocato i giallorossi, in particolare il Movimento 5 stelle: “Chi è irresponsabile, chi chiede di parlare di politica o chi dice no ai soldi sulla Sanità?”.

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Infine è tornato a rivolgersi personalmente all’inquilino di Palazzo Chigi, attaccandolo duramente: Ha cambiato la terza maggioranza in tre anni, ha governato con Salvini. Oggi so che è il punto di riferimento del progressismo e ne sono contento, ma ha firmato i decreti Salvini e quota 100. Ora si accinge alla terza maggioranza diversa ma ci risparmi di dire che l’agenda Biden è la sua agenda dopo aver detto che l’agenda di Trump era la sua sua agenda. Se va all’assemblea generale dell’Onu e rivendica il sovranismo, non può dirsi antisovranista, se va alla scuola di Siri e si dice populista, ora non può dirsi antipopulista. Non può cambiare le idee per mantenere la poltrona“.

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Le dichiarazioni di voto

Tra coloro che hanno deciso di preannunciare il proprio voto, alcuni hanno dichiarato che avrebbero sostenuto Conte. È il caso di Pier Ferdinando Casini, del partito Centristi per l’Europa, Mario Monti, ex premier europeista, Sandra Lonardo, ex Forza Italia, Tommaso Cerno, ex dem e Gregorio De Falco, ex M5s. Così come anche il gruppo Maie-Italia23, come confermato dai senatori Fantetti e Buccarella. Il senatore renziano Riccardo Nencini non ha chiarito il suo orientamento e alla fine si è astenuto come il resto del suo partito. Altri hanno esplicitato il proprio voto contro il presidente del Consiglio, come Emma Bonino, del partito +Europa.

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