“Pizza, vino o birra in omaggio se ti vaccini”: la strategia di Israele punta sui giovani

Mentre l’Italia è visibilmente indietro, in Israele la campagna vaccinale si è rivelata un successo. Ecco cosa ha funzionato.

L’Israele corre sui vaccini e non ha intenzione di fermarsi. Ci avrebbero scommesso in pochissimi, eppure il Paese è diventato capofila nel piano di vaccinazione. Già, l’Israele; dove sono stati vaccinati già gli ultraottantenni e dove la fascia di età tra i 70 e i 79 anni è stata immunizzata per l’85%. Ma non è tutto, perché il Paese è oltre l’80% per coloro che hanno più di 50 anni d’età. A dichiararlo Arnon Afek, direttore generale dello Sheba General Hospital israeliano che durante lo speciale Covid-19 di Rainews24 condotto da Gerardo D’amico ha fatto il punto sul piano vaccinale Israeliano. Una strategia efficace che ha funzionato e che sta già portando i primi risultati. E infatti, è crollato il numero di ricoveri e di morti tra i vaccinati, ridotto del 99% con la seconda dose di vaccino Pfizer. E si è riaccesa, invece, la speranza: nessun lockdown all’orizzonte.

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Se la carenza di dosi sta portando la maggior parte dell’Europa ad adottare restrizioni, in Israele la vaccinazione di massa ha permesso di riaprire tutto. Riaprono bar, ristoranti, scuole nelle aree con meno tasso di infezione, eventi culturali, attrazioni turistiche. Israele ha vaccinato già 5 milioni di persone, 3 milioni e 800 coloro che hanno già avuto il richiamo. Il tasso di positività è crollato. Ma com’è accaduto? “I più anziani si sono vaccinati subito. Per superare l’esitazione dei più giovani abbiamo lanciato campagne informative sponsorizzate da produttori di pizza, vino, birra: chi si vaccinava, ne riceveva in omaggio“, spiega ancora Afek.

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Cosa ha funzionato

Metodi forse poco ortodossi hanno permesso di avvicinare i giovani e le persone più scettiche sui vaccini. “Abbiamo fatto così anche con le comunità religiose. Siamo andati a cucinare i piatti della cucina yiddish nelle case e spiegavamo come funziona il vaccino”, spiega il direttore. E così, il centro medico israeliano sarà un primo campo di trial per un vaccino australiano. “Si tratta di un vaccino tradizionale ma importante: se vogliamo portare sieri in Africa o nei Paesi emergenti, la catena del freddo è un impedimento. Speriamo che con l’Europa e l’Austria possiamo arrivare presto a un risultato in questo senso”, prosegue l’esperto. Ciò che serve, è un sistema di distribuzione del vaccino efficace, che ha reso il Paese leader nella campagna di vaccinazione in rapporto alla sua popolazione.

E l’Italia? 

Nel frattempo l’Italia procede a fatica con le vaccinazioni. Mario Draghi ha ribadito con forza la necessità di accelerare sul fronte dei vaccini, ormai unica via d’uscita dalla crisi. “Ci troviamo tutti di fronte, in questi giorni, a un nuovo peggioramento dell’emergenza sanitaria. Ognuno deve fare la propria parte nel contenere la diffusione del virus”, ha detto il Presidente del Consiglio anticipando che, nei prossimi giorni, il piano vaccini sarà decisamente potenziato. Si privilegeranno persone più fragili e categorie a rischio. Così, entro fine marzo dovrebbero essere consegnate circa 9 milioni di dosi e nel mese successivo altre 52milioni di dosi. Entro giugno, dovrebbero essere somministrate circa 60 milioni di dosi. Si parla quindi di 700mila iniezioni al giorno e proprio ad aprile dovrebbero arrivare anche le 30milioni di dosi di Johnson & Johnson. Una strategia rinominata “exit strategy” che prevede la redistribuzione delle dosi tra le regioni in base alla popolazione residente e non più per target. Inoltre, Mario Draghi starebbe pensando alle vaccinazioni per i lavoratori, a prescindere dall’età, così da rendere il mondo del lavoro “covid free” e permettere il riavvio delle attività economiche.

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