Pasqua in lockdown, ma il sacrificio potrebbe essere inutile

La campagna vaccinale stenta a decollare, per il mese di aprile l’obiettivo dei 500mila vaccinati al giorno non sembra raggiungibile: di questo passo la festività in zona rossa potrebbe non essere l’ultimo sacrificio.

Nessuno un anno fa avrebbe immaginato che dopo dodici mesi saremmo stati ancora messi così: erano i giorni dell’ “andrà tutto bene”, della paura di questo virus nuovo e devastante che aveva catapultato il paese – e tutto il mondo –  in un incubo impensabile fino a qualche settimana prima. Si era in pieno lockdown, le notizie di morti e di terapie intensive traboccanti atterrivano, le dirette dell’allora premier Conte erano momenti paradossalmente rassicuranti, nei quali si poteva anche percepire lo Stato come presente, se pur in difficoltà. Si iniziava a parlare dei primi studi sui vaccini e di come il loro arrivo avrebbe rappresentato la fine dell’incubo. E nel frattempo le istituzioni avrebbero approntato una serie di provvedimenti che ci avrebbero permesso di arrivare a quel momento contenendo i danni.

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In quella situazione trascorrere la Pasqua rinchiusi in casa fu considerato, dalla maggior parte delle persone, un sacrificio sopportabile. Un contributo che ognuno di noi dava alla battaglia contro il virus. Un anno dopo, la situazione è molto diversa: non tanto nei fatti, visto che siamo di nuovo in zona rossa (che se non è un lockdown ci assomiglia molto), ma sicuramente a livello di percezione collettiva. Ritrovarsi nella stessa situazione nonostante tutto quello che è successo, e nonostante fosse evidente, ad un certo punto, quello che era necessario fare, è onestamente inaccettabile.  Se torniamo con la mente ad un anno fa e scorriamo in avanti immagini e parole, ci rendiamo conto ad esempio di quello che non è stato fatto a livello di potenziamento della sanità: le parole d’ordine erano “più posti letto, più terapie intensive, più medici ed infermieri”. La seconda ondata invece ci ha travolto con una sanità ancora sottodimensionata rispetto alle necessità.

Stessa cosa che è avvenuta con la scuola e con i trasporti pubblici: un anno fa, di questi tempi, era già evidente – nelle parole e nelle intenzioni – che per garantire il ritorno in classe degli studenti sarebbe servito uno sforzo importante e coordinato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. E si potrebbe andare avanti con decine di esempi, che raccontano tutti la stessa cosa: l’incapacità dello Stato a gestire la pandemia,  nonostante il tempo che è passato e le consapevolezze che sono state acquisite. E se fino a gennaio si poteva accusare il passato governo di non essere in grado – per capacità anche personali delle figure poste nei ruoli chiave dell’emergenza – di affrontare questo tsunami, ora anche questo alibi è scomparso. Non c’è più Arcuri, non c’è più la Azzolina, non c’è più Conte. C’è un governo nato con il compito di gestire la pandemia ottimizzando le procedure ed eliminando il più possibile gli errori: purtroppo i risultati non si vedono.

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Era il 27 dicembre quando in Italia si celebrò il V-Day, il giorno del vaccino. Avrebbe dovuto, a quel punto, partire una “corsa al vaccino” simile allo sprint di un centometrista. Stiamo invece assistendo ad una arrancante maratona di un corridore bolso e fuori forma. Siamo arrivati ai primi di aprile con poco più di 7 milioni e 600mila persone vaccinate, di cui solo poco più di 3 milioni e 430mila  a cui sono state inoculate entrambe le dosi. Secondo il piano vaccinale ad oggi – 4 aprile – avrebbero dovuto essere state somministrate 13 milioni e 600 mila dosi, tra prima e seconda inoculazione. Siamo indietro di oltre due milioni di vaccini, lontanissimi da quella quota di 500mila al giorno che rappresenterebbe la tabella di marcia perfetta illustrata dal nuovo commissario, il generale Figliuolo. E se guardiamo le criticità, come ad esempio la gestione sanitaria disastrosa della Lombardia, ci rendiamo conto di come poco o nulla sia cambiato. E nel frattempo noi ci ritroviamo di nuovo, dopo dodici mesi, a passare la Pasqua in lockdown. Sacrificio che tutti siamo pronti, di nuovo, a fare: troppi morti, troppi contagi, troppo pochi vaccini. Ma che sia chiaro che nulla è andato bene, e la ripresa del nostro paese dovrà passare anche attraverso una massiccia assunzione di responsabilità da parte di chiunque abbia sbagliato, ieri e oggi.

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