Gulotta, 22 anni in carcere da innocente per strage di Alcamo Marina: “Torturato per confessare”

Giuseppe Gulotta ha trascorso 22 anni in carcere per gli omicidi di Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo, due ragazzi dell’Arma, trucidati nel 1976 nella caserma di Alcamo Marina, in Sicilia. L’uomo, a quei tempi appena maggiorenne, tuttavia, non li ha mai commessi. Fu erroneamente accusato del delitto insieme ad altri quattro coetanei: Giuseppe Vesco, che si impiccò in cella, Giovanni Mandalà, morto per un cancro, e Vincenzo Ferrantelli e Gaetano Santangelo, fuggiti in Brasile. Tutti furono assolti a distanza di 36 anni dall’arresto. Nel 2016, la Corte d’Appello di Catania ha decretato un risarcimento di 6 milioni e 400mila euro.

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Giuseppe Gulotta, per 22 anni in cella da innocente – meteoweek.com

Una vita trascorsa in cella, senza avere nulla a che vedere con i capi di accusa per cui è stato condannato. La vicenda di Giuseppe Gulotta – come quella degli altri quattro che hanno avuto la sua stessa sorte nel medesimo processo (Giuseppe Vesco, che fu ritrovato impiccato in carcere, Giovanni Mandalà, morto per un cancro prima di essere assolto, Vincenzo Ferrantelli e Gaetano Santangelo, fuggiti in Brasile per scampare alla sentenza) – è una delle macchie della storia della magistratura italiana. L’uomo, appena maggiorenne, fu ritenuto uno dei colpevoli della strage di Alcamo Marina, in cui vennero trucidati i due carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Agli indagati furono estorte delle confessioni con la tortura, mentre le loro famiglie minacciate di morte. Soltanto dopo trentadue anni arrivò la assoluzione, con tanto di risarcimento di 6 milioni e 400 mila euro.

Il racconto di Giuseppe Gulotta

A distanza di tempo Giuseppe Gulotta, che da innocente ha trascorso in carcere ben ventidue anni, è tornato a parlare di quei terribili momenti in una intervista concessa al Corriere della Sera. “Mi portano in caserma e lì mi tengono in una stanza un paio d’ore. Io chiedevo perché mi trattenessero, ma loro mi intimavano di stare zitto e che prima o poi mi avrebbero detto le ragioni. All’improvviso, verso la mezzanotte, si apre la porta ed entra un bel numero di carabinieri. Mi afferrano con forza, mi mettono su una sedia. Mi legano mani e piedi alla sedia e iniziano a bastonarmi e a tirarmi pugni e schiaffi. “Dai confessa, sappiamo tutto”. Sembrava uno di quei film in cui c’è il poliziotto buono e quello cattivo: uno cerca di convincerti con le parole, l’altro con le mazzate”, questo il racconto dell’inizio della vicenda.

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Della strage di Alcamo Marina, tuttavia, il giovane appena maggiorenne non sapeva nulla. “Non mi rendevo conto di quello che improvvisamente mi stava succedendo, del gorgo in cui ero precipitato. A un certo punto mi dissero che ero accusato dell’assassinio dei due carabinieri di Alcamo Marina. Io continuavo a gridare, in quella notte infame, che non sapevo nulla, non c’entravo nulla. Ero un ragazzo di diciotto anni e volevo solo tornare a casa mia. Ma la parola “nulla” era una miccia che li accendeva, appena la pronunciavo partivano i pugni. Così tutta la notte”, ha aggiunto.

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Soltanto a distanza di anni è emersa la verità. “Una sera uno dei miei figli ha trovato sul sito di un programma Rai il messaggio di un tal Seddik74 che diceva di sapere e di voler dire la verità sugli interrogatori per la strage di Alcamo Marina. Seddik era uno dei carabinieri che aveva partecipato alle indagini. Decise di raccontare la verità”, ha raccontato ancora Giuseppe Gulotta. “Il processo di revisione inizia finalmente nel 2010, dura due anni. Grazie alle testimonianze e alle intercettazioni dei sospettati si arriva alla verità. Nel 2012 viene decretata l’assoluzione per tutti. “Per non aver commesso il fatto”. La sentenza è arrivata, è assurdo, esattamente lo stesso giorno del mio arresto. Ma trentasei anni dopo. Ventidue dei quali trascorsi in carcere. Anni che ho regalato allo Stato”.

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