Ultras | il film Netflix racconta il tifo organizzato e le sue ambiguità

Ultras, il film Netflix diretto da Francesco Lettieri, regista di tutti i videoclip del misterioso artista napoletano Liberato, debutta oggi, venerdì 20 marzo, sulla piattaforma streaming. Lo abbiamo visto in anteprima e vi diciamo la nostra.

Doveva arrivare in sala agli inizi di marzo, ma l’emergenza Coronavirus e la chiusura dei cinema ha fatto saltare tutti i piani. Nonostante ciò, Ultras, l’esordio cinematografico di Francesco Lettieri sul mondo dei tifosi e della criminalità, è disponibile da oggi per tutti gli abbonati Netflix.

Ultras debutta su Netflix

Chi si aspetta da questo Ultras la stessa follia di ingiustizia, cameratismo e atteggiamento psicotico che caratterizzava i gruppi organizzati in ACAB di Stefano Sollima (che raccontava l’altro lato della barricata, quello dei poliziotti, ma utilizzando di fatto lo stesso metro), rimarrà deluso. Il film di Lettieri è infatti una cronaca di vita in periferia che solo marginalmente si prende il tempo di esplorare le dinamiche di tifoseria. Ultras, anche per questo, è un film formalmente ottimo, girato con cura e grande attenzione al dettaglio, ma allo stesso tempo privo di una vera personalità, che utilizza un linguaggio cinematografico inventato da altri e che altri hanno già utilizzato con maggiore efficacia. Per questo motivo fatica a trovare un suo contenuto distintivo, uno sguardo davvero unico attraverso il quale guardare le cose che racconta, che non rimandi costantemente a visioni cinematografiche e televisive già conosciute.

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Tifo e crimine

Lettieri, che il film lo ha anche scritto, si inventa un campionato di calcio al termine del quale il Napoli sta quasi per vincere e imbastisce una storia interna agli Apache, una delle fazioni più attive del tifo napoletano. Se il cinema inglese racconta spesso i tifosi organizzati, il cinema italiano molto meno. Sono generalmente narrazioni di violenza che camminano parallele al crimine, dal momento che il tifo che maggiormente interessa il cinema è quello illegale e non quello ordinario, quando l’aggregazione si basa su dinamiche tribali. Si tratta ovviamente di un impianto narrativo (quello che parla di una ricerca del potere in chiave shakespeariana) mutuato da Gomorra, che si dimostra ancora una volta uno dei prodotti più influenti di sempre per il cinema e la televisione italiani. Ultras ha l’intelligenza di giocare però sull’ambiguità: sono effettivamente criminali quelli che vediamo o no? Sono parte di organizzazioni criminali radicate sul territorio? La risposta, ad una prima analisi, è negativa. Eppure i protagonisti del film si comportano come se lo fossero.

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Lo sfogo

Se i criminali del cinema e della televisione affrontano tutto con calma e precisione, dal momento che ogni reato commesso corrisponde ad un’entrata economica, questo non è vero per i tifosi di Ultras. Il tifo per loro è un veicolo per sfogarsi, non produce incassi ma solo perdite. Ed è uno sfogo (ed è questo sicuramente l’aspetto più interessante del film) che non si manifesta nella ribellione al potere, ma attraverso il suo contrario, ovvero la sudditanza e la sottomissione a gerarchie non scritte che regolano la convivenza. Lettieri sceglie una narrazione scandita dalle singole giornate, racconta il quotidiano e mai lo specifico, cerca il ritratto corale e sociale. Eppure il suo esordio formalmente perfetto avrebbe beneficiato di una trama solida e di un intreccio interessante.

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