La paura dei bulgari di Mondragone: la comunità teme ritorsioni

La drammatica vicenda degli scontri a Mondragone, susseguitisi a causa dell’individuazione del focolaio di coronavirus, ha reso ancora più difficile la vita dei bulgari che appartengono alla comunità. A regnare tra quei palazzi ora c’è la paura.

bulgari di Mondragone
foto via La Repubblica

Dopo gli scontri avvenuti a Mondragone, nella zona delle palazzine ex Cirio, ora la comunità bulgara ha paura. Disposta come zona rossa dalle autorità, a seguito del recente focolaio di Covid-19, i bulgari che abitano nel quartiere hanno infranto le disposizioni per poter continuare a lavorare, sfruttati, come braccianti. Il clima si è subito infervorato, e ora la comunità teme ripercussioni e ritorsioni.

Ora c’è l’esercito a presidiare la zona dormitorio, a controllare che tutti coloro che un tempo uscivano alle cinque del mattino per andare nei campi adesso rimangano chiusi in casa. A raccontare la storia di Ivan è La Repubblica, che parla dell’uomo come “uno che ce l’ha fatta“. Agli occhi dei suoi connazionali, per lo più di etnia rom, Ivan è infatti riuscito ad ottenere ciò che altri bramano da anni: un contratto stagionale, con il quale sebbene si spezzi la schiena, riesce a mantenere tutta la famiglia. Ma ora è proprio dell’incolumità dei suoi famigliari che ha più paura.

La storia di Ivan, la paura dei bulgari di Mondragone

“Dopo gli scontri di giovedì sono barricato dentro. Ho paura che qualcuno possa salire per minacciare me e la mia famiglia“, spiega infatti Ivan a uno dei volontari che gli fornisce assistenza. Per tutta la giornata di giovedì ha tempestato di chiamate il cellulare dell’uomo, dato che una sua parente che vive nella palazzina aspetta un bambino. “Le hanno fatto il tampone. Non capiamo se è positiva oppure no. Per favore, chiama il dottore. Dobbiamo sapere che cosa fare“, avrebbe chiesto al volontario.

Le palazzine, controllate 24 ore su 24 dall’esercito, sono diventate zona rossa a causa di un focolaio che ha contato quasi 50 positivi. Tra questi palazzi “abita gente sfruttata, donne e uomini che lavorano nei campi in condizioni inaccettabili, bambini che non vanno a scuola”, ha spiegato il vescovo di Sessa Aurunca, monsignor Orazio Piazza. Ed è per questo che bisogna evitare la guerra tra poveri, evitare di alimentare le tensioni, perché “nel quartiere ci sono anche presenze malavitose e la camorra può avere i suoi interessi a lucrare sui contrasti”.

mondragone - comunità bulgari
foto via Huffington Post

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Del resto l’integrazione resta un processo molto difficile. Molti dei bulgari non parlano nemmeno italiano, e secondo quanto è stato dichiarato dal mediatore culturale, i membri della comunità hanno dunque pensato che i trasferimenti in ospedale e la chiusura dell’area fossero tutta “una manovra politica”. “Avevano paura che volessero prelevare loro il sangue per venderlo. Ho dovuto faticare per convincerli che non era vero”, ha sottolineato il mediatore. E dichiarazioni del genere, che fanno senz’altro male, permettono anche di riflettere sulla difficoltà della situazione che si sta sviluppando a Mondragone: un altro degli effetti collaterali della pandemia di coronavirus.

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