Conte e il patto di fine legislatura: è possibile con i numeri del Parlamento?

Il premier sta lavorando per arrivare a un patto di fine legislatura e assicurarsi la nascita del Conte ter dopo le sue dimissioni.

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Giuseppe Conte, presidente del Consiglio. Credit: Giuseppe Conte Facebook

Le dimissioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte sono sempre più vicine. Di fronte alla possibilità di una disfatta in Aula il prossimo mercoledì, 27 gennaio 2021, il premier sta valutando l’idea di andare al Colle per aprire una crisi pilotata e dare vita a un Conte ter. Tra due giorni le Camere si esprimeranno sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede sulla riforma della giustizia da attuare con i quasi tre miliardi di euro del Recovery Fund.

Matteo Renzi, leader di Italia viva, ha già annunciato che i suoi parlamentari voteranno contro e il rischio è che i numeri del governo giallorosso risultino ancora più preoccupanti rispetto alla settimana scorsa. Infatti se il senatore di Rignano dovesse schierarsi con l’opposizione, e non più astenersi, l’esecutivo non raggiungerebbe nemmeno la maggioranza relativa in Senato. E se questo avvenisse, Conte dovrebbe dire addio alla possibilità di continuare a essere il numero uno di Palazzo Chigi. Al contrario, se si dimettesse prima del voto alle Camere, potrebbe lavorare per avviare il suo terzo incarico da premier.

Il patto di fine legislatura

Per questo il presidente del Consiglio, dopo aver rinunciato a trovare i cosiddetti “responsabili” prima di mercoledì prossimo, sta ora lavorando a un patto di fine legislatura. Con chi, non è ancora chiaro. Perché da una parte c’è Conte, che non vuole più saperne di Renzi e i suoi, e vorrebbe puntare sui parlamentari centristi per dare vita alla sua maggioranza “europeista, socialista e popolare”. Ma dall’altra parte ci sono i partiti maggioritari dell’esecutivo giallorosso, Pd e M5s, che lo pressano per ristabilire un rapporto con il senatore di Rignano e rimettere in carreggiata il governo senza snaturarlo con l’entrata in campo di parlamentari di Forza Italia.

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Stringere un accordo con le forze politiche – nuove o vecchie – che dovrebbero sostenerlo, è l’unica certezza su cui può contare Conte per proseguire la sua esperienza di governo. A quel punto il premier dovrebbe rassegnare le dimissioni e passare per il Quirinale puntando su un nuovo incarico, e quindi su un nuovo assetto di governo: un Conte ter con una nuova maggioranza. In caso contrario, il presidente del Consiglio dovrebbe salire al Colle “al buio”, senza sapere di che morte deve morire, rimettendosi alle consultazioni con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che dovrà verificare l’esistenza di una maggioranza alternativa.

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I numeri del Parlamento

I numeri del Parlamento parlano chiaro: Conte non è riuscito a trovare i “responsabili” che gli servivano per superare la quota della maggioranza assoluta in Senato (161 sì a fronte dei 156 ottenuti). L’unica soluzione all’impasse sembra quindi affidarsi ai renziani, con Italia viva che dimostra di essere – ancora una volta – l’ago della bilancia. Nelle prossime trentasei ore, quindi, il premier dovrà prendere una decisione fondamentale. O scende subito a patti con Renzi, l’unico che può garantirgli la sopravvivenza in Aula. Oppure cade, e con sé porta giù l’intera Italia, nel pieno di un’emergenza sanitaria, economica, politica e sociale. In questo caso più che mai, si deve parlare di responsabilità.

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