In Italia la lotta al Covid prosegue con le chiusure. Si poteva fare di più?

Nel mezzo di una crisi politica e ora istituzionale particolarmente pericolosa, può tornare utile fare un rapido bilancio sulle decisioni prese dal governo in questi ultimi mesi. L’impressione è che la via maestra sia stata rappresentata dalle chiusure. E’ vero, le terapie intensive sono state incrementate, il programma di tracciamento vincolato a un protocollo più rigido. Ma a distanza di mesi le scuole restano parzialmente chiuse, così come bar e ristoranti. Si poteva fare di più?

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Prosegue il dibattito sulle possibili evoluzioni dell’attuale crisi di governo, ormai istituzionalizzata dalle dimissioni annunciate di Giuseppe Conte. Nel dibattito politico e mediatico incalzano le ipotesi per superare questo stallo alla messicana, tornare al lavoro sulla gestione della crisi sanitaria, sulla crisi economica e sulla strutturazione di un Recovery plan più definito. Al di là della concitazione attuale, sembra anche il momento giusto per fermarsi un attimo e fare un rapido bilancio sulle decisioni prese dal governo in questi ultimi mesi. Ed è giusto farlo partendo da una premessa: è stato un anno eccezionale, in negativo.

Tutti i Paesi europei sono stati colti alla sprovvista. Solo nella serata di ieri due notizie hanno sottolineato la difficoltà degli altri stati membri nell’affrontare la gestione dell’emergenza, economica e sanitaria. Nei Paesi Bassi è arrivata la seconda ondata di rivolte, dove i manifestanti hanno nuovamente manifestato contro l’introduzione del coprifuoco per il Covid-19 nel fine settimana. La polizia in tenuta anti-sommossa ha utilizzato i cannoni ad acqua a Rotterdam e a Geleen, vicino Maastricht. Dall’altro lato, in Francia nelle ultime ore il numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva ha superato le 3mila unità, per la prima volta dal 9 dicembre scorso. Il secondo lockdown si era concluso lo scorso 15 dicembre e ora – a fronte del record di ricoveri in terapia intensiva – il ministro dell’Economia Bruno Le Maire si dice davvero preoccupato dal contraccolpo che potrebbe avere un terzo lockdown sull’economia. Insomma, la situazione è complessa per tutti, e l’Italia ha dovuto sicuramente fare i conti con problemi strutturali di lungo corso.

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Ma…

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Dall’altro lato l’Italia i suoi errori li ha compiuti, ascrivibili sia a difetti di carattere strutturale sia a problemi di gestione immediata. Tra impreparazione, iniziale sottovalutazione della crisi, grandezza del problema e criticità di lungo corso, la via maestra adottata dal governo è stata soprattutto la chiusura. Ma soprattutto: chiusure radicali e intermittenti, che hanno spesso disatteso le indicazioni fornite ai diversi settori. Si trattava probabilmente di chiusure necessarie, legate ad un’effettiva urgenza dell’emergenza sanitaria. Eppure con una migliore progettazione delle strutture sanitarie e del sistema di tracciamento potevano esser ritardate. Eppure potevano essere gestite in maniera più limpida, senza continui aller-retour del governo. Inoltre, le chiusure sono state certamente attutite dai cuscinetti forniti dai Ristori, dalla Cassa integrazione e dalle indennità Covid, ma su giacigli scomodi. Spesso arrivati in ritardo (si pensi ai ritardi sulla Cig), spesso insufficienti (si pensi alle lamentele dei ristoratori sulle risorse del decreto Ristori), spesso finanziati a debito, tramite scostamenti di Bilancio che hanno distribuito le risorse seguendo il discutibile criterio dei codici Ateco (che non implicano una scrematura sulla base del fatturato). Ora ci ritroviamo con un bilancio Inps su cui grava un buco da 16 miliardi di euro. A lanciare l’allarme Guglielmo Loy, il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, che ha commentato l’eventuale incapacità nell’erogare le pensioni con queste parole: “Un’ipotesi estrema, non certo peregrina”.

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Il buco – fa sapere l’Istituto di previdenza – è stato causato da un meccanismo facilmente sanabile: l’Inps avrebbe anticipato i soldi al Tesoro, stanziandoli direttamente per il sostegno delle misure. Ma i soldi ci sono, il Tesoro deve solo travasarli all’Inps per sanare l’anticipo, fanno sapere. “Non esiste alcun allarme per il pagamento delle pensioni e delle altre prestazioni dell’Inps. Nel corso del 2020 il legislatore ha previsto che Inps finanziasse con proprie risorse finanziarie alcune delle misure economiche finalizzate al contrasto degli effetti economici della pandemia. Al contempo, inevitabilmente si sono registrate minori entrate contributive per effetto della contrazione delle attività produttive e del rinvio dei termini di pagamento dei contributi introdotto allo scopo di venire incontro alle esigenze finanziarie delle aziende e dei lavoratori autonomi. La stima di questi effetti è ampiamente riportata nell’assestamento del bilancio preventivo 2020 e nel bilancio preventivo 2021, approvati dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Istituto“. Eppure il problema resta e Giuglielmo Loy ribadisce: il legislatore deve provveder al più presto per evitare subito il rischio di una situazione certo estrema, ma non impossibile.

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Alla chiusura delle attività, si sono poi aggiunte le chiusure degli istituti scolastici. Un fallimento italiano, se si pensa alla Francia, Paese che ha raggiunto numeri significativi di contagi, ma lasciando a lungo le scuole aperte. Noi ci ritroviamo nella stessa situazione, ma con le scuole chiuse subito dopo la loro riapertura. Una debacle legata anche alla pessima gestione del trasporto pubblico, anche questa imputabile a problemi strutturali, ma anche questa dovuta a ritardi contingenti, a difficoltà nell’allocazione delle risorse. L’impressione è che sia venuta a mancare una pianificazione di ampio respiro su come affrontare questa emergenza, che in estate si sia aperto dove non si doveva aprire (ricordiamo le discoteche) e si sia chiuso subito dove si doveva cedere con più difficoltà (ricordiamo le scuole). Allora ripensiamo con tenerezza alle vecchie intenzioni di alleggerire il trasporto pubblico con il bonus monopattino: la via maestra resta la chiusura, e con questi mezzi non poteva essere altrimenti.

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