Caso Roberta Ragusa: i legali del marito chiedono riesame del processo

Il marito è in carcere con una condanna di 20 anni per omicidio. Ma la difesa ritiene di avere nuove prove della sua innocenza

E’ ancora senza una soluzione definitiva il caso di Roberta Ragusa, la donna scomparsa il 13 gennaio del 2012 a Gello di San Giuliano Terme, vicino Pisa. A quasi dieci anni da quella vicenda, il marito Antonio Logli, oggi 59enne, sta scontando una pena di 20 anni con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere, ma oggi i legali dell’accusato hanno presentato una istanza di revisione del processo alla Corte d’appello di Genova sulla base di nuovi indizi.

Stando a quanto stabilito al processo, l’uomo avrebbe colpito Roberta alla testa uccidendola, per poi nasconderne il cadavere che non fu mai ritrovato. Alla base del gesto ci sarebbe la rabbia nei confronti della donna, la quale voleva chiedere il divorzio dopo avere scoperto una relazione extraconiugale da parte del marito. A incastrare Logli ci sarebbe la testimonianza di un uomo, Loris Gozi, che avrebbe assistito all’omicidio.

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Ad avallare la richiesta di riesame la criminologa Anna Vagli. “Produrremo nuovi mezzi di prova — ha dichiarato Vagli — a cominciare da una persona che ha raccolto proprio le confidenze di Gozi, il quale ha detto di essersi inventato tutto perché aveva paura. Porteremo alla valutazione dei giudici anche nuovi scenari mai presi in considerazione prima dalla Procura: mi riferisco all’ipotesi di allontanamento volontario che secondo noi è testimoniata da alcuni scritti di Roberta, trovati nella soffitta dell’abitazione. La tesi dell’allontanamento volontario convince anche i figli, che sono assolutamente certi dell’innocenza del padre“.

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Contrario al riesame è invece l’avvocato Nicodemo Gentile, parte civile a nome dell’associazione Penelope: “Che Logli sia colpevole lo dice la giustizia italiana. Non c’è altro da commentare. Semmai la vicenda di Roberta deve insegnare a molte donne vittime di violenza psicologica tra le mura domestiche a denunciare prima la loro situazione” afferma.

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