Shutter Island | il film di Scorsese compie 10 anni | perché rivederlo

Shutter Island, che in questi giorni festeggia il suo decimo anniversario, non è passato certamente alla storia come uno dei film migliori di Martin Scorsese, ma conserva ancora un suo fascino e, con il senno di poi, ci dice qualcosa di importante sul regista che lo ha diretto.

Sono passati ormai dieci anni da quando Shutter Island arrivò nelle sale cinematografiche di tutto il mondo. Tratto dal romanzo del 2003 scritto da Dennis Lehane (e da noi edito con il titolo L’isola della paura), Shutter Island è forse l’unico film di genere di Martin Scorsese, quello che più di altri segue tutte le regole del cinema di genere, ne rispetta i meccanismi e l’essenzialità.

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Shutter Island compie dieci anni

Come da tradizione del cinema di genere, infatti, anche la trama di Shutter Island prende il via da uno spunto narrativo molto generico: Rachel Solando, paziente del manicomio criminale sull’isola di Shutter, scompare all’improvviso. L’agente federale Teddy Daniels, interpretato da Leonardo DiCaprio, deve indagare per risolvere il mistero aiutato dall’ufficiale Chuck Aul (Mark Ruffalo). L’approccio al genere (quello del thriller psicologico con atmosfere gotiche) di Martin Scorsese è sicuramente più interessante e originale del film in sé e bastano i minuti iniziali per rendersi conto che Shutter Island non può essere il lavoro di un altro regista che non sia Martin Scorsese. Quel senso di antica disperazione che opprime il film fin dalla primissima sequenza (quando Leonardo DiCaprio e Mark Ruffalo arrivano sull’isola a bordo di una nave, fumando delle sigarette a prua) appartiene oggi solo ai film dei fratelli Coen (e forse, più recentemente a quelli dei fratelli Safdie, anche se in quel caso la condizione di ineluttabile perdizione è più dettata dalla contingenza storica e sociale e non è ancestrale come per i Coen e Scorsese). Con pochissimo Scorsese recupera delle suggestioni che provengono direttamente da L’Isola del dr. Moreau, capolavoro del 1977 per la regia di Don Taylor.

Perché rivederlo

In questo senso il lavoro sulla fotografia di Robert Richardson (fino a quel momento storico collaboratore di Scorsese, ma che con il successivo Hugo Cabret firmerà l’ultimo film con il regista) è fondamentale nel veicolare quelle suggestioni che da sole bastano a compensare una narrazione che invece si svolge in maniera molto canonica e lineare. Pur essendo tratto da un romanzo, Shutter Island non ha però mai il passo “letterario” dei film che seguono svogliatamente una narrazione originariamente non concepita per il cinema, ma adatta gli spunti più interessanti (almeno secondo Scorsese) ad un racconto che comunica prima di tutto attraverso le immagini, gli ambienti e i costumi e solo successivamente attraverso ciò che avviene o si dice.

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Un adattamento atipico

Non si ha mai l’idea di assistere ad una “rilettura” del libro fatta da Martin Scorsese, ma è come se il regista raccontasse allo spettatore non tanto la trama di quel romanzo, bensì quali sono stati gli elementi che lo hanno colpito maggiormente, quali sono state le riflessioni che gli ha suscitato e le cose sulle quali si è soffermato maggiormente durante la sua lettura. È un approccio unico e particolare rispetto al tradizione adattamento cinematografico, che ha reso Shutter Island, al netto dei suoi difetti, un film dall’eterno fascino.

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