Delega ai Servizi segreti: perché è tra le cause della crisi di governo?

La maggioranza di governo, piegata  dalla crisi interna, dovrà cercare nei prossimi giorni di trovare una quadra. Tra le rivendicazioni di Italia viva, la richiesta di delega ai Servizi segreti, che il presidente del Consiglio vuole invece tenere per sé. Una scelta inusuale, controcorrente rispetto alle pratiche adottate in passato da Monti, Berlusconi e Renzi (fa eccezione Gentiloni). Che cosa si cela dietro questa ostinazione?

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MeteoWeek.com (da Getty Images)

Il leader di Italia viva Matteo Renzi è pronto a rischiare la crisi di governo, questo è evidente, ed emerge dalla raffica di ultimatum al presidente del Consiglio rilasciata in questi giorni. Tra le motivazioni della rottura, anche un punto sul quale l’ex premier afferma di non poter transigere: la delega ai Servizi segreti. E quanto più il premier continua ad esser elusivo sulla questione, tanto più la tensione sale: “L’insistenza con cui Conte difende una cosa che né Monti, né Berlusconi, né Prodi e né io abbiamo fatto è incomprensibile e comincia a diventare sospetta. Più il premier insiste più sarà importante capire perché non intende avvalersi di una professionalità specifica“, avrebbe commentato il leader di Italia viva. Il commento arriva in seguito alle risposte del presidente del Consiglio in conferenza stampa di fine anno, che avrebbe ribadito a proposito della delega ai Servizi segreti:  “La legge del 2007 attribuisce al presidente del Consiglio la responsabilità politica e giuridica sulla sicurezza nazionale”, spiega. “Io ne rispondo comunque. Che mi avvalga o meno di nominare una persona di fiducia”. Poi ancora: “Chi mi chiede di abbandonare la delega deve spiegare. Domanda: perché si chiede a un presidente del Consiglio di liberarsi dei suoi poteri? Io non posso liberarmi, è una prerogativa del premier”.

Specificazioni

E’ vero, la responsabilità politica dei Servizi segreti è – per legge – del presidente del Consiglio. Ma sempre la legge prevede una delega della gestione dei Servizi a una persona di stretta fiducia del premier. La legge n. 124/2007 del 3 agosto, Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto, pone per la prima volta il Presidente del Consiglio dei Ministri a capo dei servizi informativi e stabilisce che lui stesso – in via esclusiva – può detenere l’alta direzione e la responsabilità della politica dell’informazione per la sicurezza, l’apposizione e la tutela del segreto di Stato, determinare l’ammontare annuo delle risorse finanziare, provvedere al coordinamento dei servizi e impartire le direttive. Tuttavia, la legge prevede anche che “il Presidente del Consiglio dei ministri, ove lo ritenga opportuno, può delegare le funzioni che non sono ad esso attribuite in via esclusiva soltanto ad un Ministro senza portafoglio o ad un Sottosegretario di Stato, di seguito denominati ‘Autorità delegata‘”. In passato lo hanno fatto anche Monti, Berlusconi e Renzi (fa eccezione Gentiloni).

Tra l’altro una persona candidata ci sarebbe: il Pd ha da tempo individuato un candidato. Ora, le ipotesi sono due: o il premier Conte non si fida del candidato Pd (e a questo punto si porrebbe anche un altro problema di fiducia all’interno della maggioranza), o il premier sta cercando di tenersi stretti i Servizi segreti per altre motivazioni. Ad ogni modo è necessario aprire su questo un confronto con la maggioranza. Il presidente del Consiglio avrebbe motivato le sue resistenze durante l’intervento a Porta a Porta, lasciando trasparire una ragione: ufficialmente Conte non fa parte di nessun partito, dunque non potrebbe affidare la delega dei Servizi segreti a un esponente di un eventuale partito di provenienza. In quel caso si “costituirebbe una struttura bicefala anomala“: da un lato la responsabilità politica del premier, dall’altro la delega affidata a un esponente di un altro partito.

A sottolineare questo punto, anche Luciano Violante, ex presidente della Camera oggi presidente della Fondazione Leonardo, che su Repubblica afferma: l’Autorità delegata — attraverso la quale il presidente “mantiene” comunque “la piena titolarità delle politiche della sicurezza” — non può appartenere “ad una diversa forza politica, perché questa personalità evidentemente risponderebbe, oltre che al presidente, anche al proprio partito: una doppia dipendenza che farebbe sorgere perplessità nella comunità internazionale”. Tuttavia, verrebbe da aggiungere, il premier Conte potrebbe comunque indicare una figura politica di sua stretta fiducia a cui affidare – appunto – la delega ai Servizi segreti. Per superare l’impasse e rassicurare sulla gestione dei Servizi, Conte in conferenza stampa avrebbe affermato: “E poi abbiamo il Copasir che è un organismo fondamentale, composto da tutte le forze rappresentate in parlamento, presieduto da un esponente delle forze di opposizione. Il Copasir garantisce che ci sia il rispetto dell’interesse generale e la direzione politica per il rafforzamento dei presidi”.

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Il parere di un membro del Copasir

A lanciare l’allarme, un esponente del Copasir – ente attualmente sotto la gestione del leghista Raffaele Volpi – intervistato da Linkiesta: “Si vede come Giuseppe Conte, in trasparenza, intenda creare un super servizio segreto con sé stesso al vertice, con un fine trasparente: imbastire l’ossatura di una componente manageriale, dotata di un knowledge prezioso, una maxi cordata nei gangli fondamentali dello Stato, che costituisca l’asse portante di riferimento per un suo partito”. E’ necessario specificare che si tratta di un parere riconducibile al membro del Copasir ascoltato, non è una posizione ufficiale dell’ente.

Ma quale sarebbe il vantaggio di un accesso agevolato ai Servizi segreti? I Servizi Segreti italiani ormai da tempo hanno aggiunto altri settori alle indagini di loro competenza: resta l’attività di indagine sull’antiterrorismo, sul contrasto al narcotraffico, sulla criminalità organizzata; ma a questi settori è stata aggiunta una fervente attività di controllo e difesa delle nostre strutture economiche, pubbliche e private. Negli ultimi anni una delle attività principali dei Servizi segreti italiani è lo spionaggio economico: la raccolta, la selezione e l’interpretazione di dati sensibili, il controllo delle infrastrutture (porti, autostrade ecc.), gli investimenti esteri in Italia e gli accordi internazionali pubblici e privati (Fincantieri, Vivendi-Mediaset e così via).

L’accesso a questi dati garantisce un avamposto nello sguardo su ciò che accade nel mondo e in Italia, anche a livello economico. Le indiscrezioni politiche vedono dietro questa ostinazione di Conte l’intento di creare un apparato organico, che faccia cerchio attorno all’attuale premier, e che gli consenta una sorta di copertura in caso di discesa in campo, anche a livello politico. Per questo, probabilmente, la polemica sui Servizi Segreti è legata a doppio filo alla polemica sulla task force di 300 tecnici che avrebbe dovuto sorvegliare e coordinare i lavori del Recovery plan, nella prima bozza godendo anche di poteri sostitutivi.

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